Intanto è scrontro tra il Vaticano e gli Usa. ‘Sì, e questa è proprio una delle ragioni per cui il Papa non incontrerà il segretario di Stato americano Mike Pompeo’. Così il segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati, mons. Paul Richard Gallagher, subito dopo l’incontro con Pompeo al meeting sulla libertà religiosa organizzato a Roma dall’Ambasciata Usa presso la Santa Sede, risponde alla domanda se la stessa mossa di organizzare unilateralmente il simposio non significhi una strumentalizzazione del Papa mentre il presidente Trump è alle battute finali della campagna elettorale.
Il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, chiede a papa Francesco di dare prova di ‘coraggio’ nel combattere le persecuzioni religiose, in particolare nei confronti della Cina con la quale il Vaticano è sul punto di rinnovare un accordo sulla nomina dei vescovi. Lo ha detto in presenza dell’arcivescovo Paul Gallagher. In nessun luogo – ha detto ancora – la libertà religiosa è sotto attacco più che in Cina. Questo perché, come tutti regimi comunisti, il Partito comunista cinese si considera l’autorità morale ultima. Un Pcc sempre più repressivo, spaventato dalla sua stessa mancanza di legittimità democratica, funziona giorno e notte per spegnere la lampada della libertà, soprattutto la libertà religiosa, su una scala orribile.
Sono le critiche irrituali del Segretario di Stato americano, Mike Pompeo, al rinnovo dell’accordo storico tra Santa Sede e Cina sulla nomina dei vescovi.
Pompeo — con una mossa altamente inusuale e non concordata tra le cancellerie, — aveva criticato la diplomazia vaticana con un editoriale sulla rivista First Things, influente mensile religioso conservatore, arrivando a dire che: ‘Dovesse rinnovare l’accordo, il Vaticano metterebbe a rischio la propria autorità morale’. Un’ingerenza che in Vaticano non è piaciuta affatto.
Non a caso, l’ambasciata americana presso la Santa Sede aveva organizzato un simposio sulla libertà religiosa aperto stamattina da Pompeo cui è intervenuto lo stesso Gallagher. Che però non l’ha mandata a dire. Così, alla domanda se la stessa partecipazione di Pompeo al simposio fosse un tentativo di strumentalizzazione del Papa, in piena campagna elettorale negli Usa, il ministro degli Esteri Vaticano ha risposto ‘sì’ senza esitazioni.
Alle 11,20 di domani, giovedì, è prevista l’udienza del Segretario di Stato Usa al suo omologo vaticano, il cardinale Pietro Parolin. Ma Pompeo non sarà ricevuto da Francesco. Gallagher era visibilmente irritato.
A proposito del suo intervento ha detto: ‘Non mi avete sentito pronunciare la parola ‘Cina’? Non mi avete sentito pronunciare nessun nome di nessun Paese: questa è la prassi della diplomazia vaticana, non pronunciare nomi e biasimi è uno dei principi della diplomazia vaticana normalmente. Comunque ho avuto solo pochi minuti. Mi hanno invitato a parlare solo pochi minuti, non si fa così.
E ancora: ‘Posso dire questo: normalmente quando si preparano le visite a così alti livelli di ufficialità si negozia l’agenda in privato e confidenzialmente. È una delle regole della diplomazia dando la possibilità a entrambi di definire il simposio non dando le cose per fatte’.
Alcuni giorni fa, il segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin, aveva parlato di ‘buone possibilità’ di un rinnovo dell’accordo, che sarà discusso nelle prossime settimane — probabilmente ottobre — con il via libera di Papa Francesco. ‘La nostra intenzione è che sia prolungato, penso che si continui a adottarlo ad experimentum come si è fatto in questi due anni, in modo tale da verificare l’utilità’. La proposta di accordo della Santa Sede, approvata dal Papa, è rinnovare l’accordo per ‘almeno’ altri due anni, sempre in forma sperimentale.
Come scritto dal Corriere, l’accordo riguardava ufficialmente il piano ‘ecclesiale e religioso’ e non ancora quello diplomatico: la questione delle relazioni formali interrotte nel 1951 sarà affrontata, se tutto andasse bene, in un secondo tempo. ‘Con la Cina, il nostro interesse attuale è quello di normalizzare il più possibile la vita della Chiesa, far sì che la Chiesa possa vivere una vita normale che per la Chiesa cattolica è anche avere relazioni con la Santa Sede e col Papa, e tutto questo naturalmente anche in uno sfondo di pacifica convivenza, di ricerca della pace e di superamento delle tensioni: la nostra prospettiva però è su questo tema ecclesiastico’, spiegava Parolin.
I confini tra chiesa ‘ufficiale’ legata al Partito comunista cinese e chiesa ‘clandestina’ sono sfumati da anni nella realtà quotidiana di milioni di cattolici: ma mentre in alcune province i rapporti sono di convivenza, in altre la situazione è peggiorata, anche a causa di norme sempre più rigide del governo centrale. I regolamenti sulla attività religiose, ad esempio, vietano ai minorenni di andare a messa e partecipare alle attività parrocchiali: in alcune province le autorità chiudono un occhio, in altre si trovano la polizia sulla porta delle chiese e le famiglie non possono entrare con i bambini.
La difficoltà delle trattative era trovare un punto di equilibrio nella nomina dei vescovi e quindi nella vita della Chiesa cinese: da una parte la Cina riconosce il Papa come capo della Chiesa cattolica, con relativo potere di nominare i vescovi e insomma avere l’ultima parola; dall’altra Pechino mantiene una facoltà di controllo sui nomi. Non mancano le resistenze, sia nell’apparato cinese sia nella parte più conservatrice della Chiesa, di cui il sito First Things è uno dei portavoce. Anche l’amministrazione Usa, fin dall’inizio, ha guardato con preoccupazione alle trattative:una preoccupazione che l’intervento di Pompeo non fa che esplicitare.
‘Irritazione non direi, sorpresa sì per questa uscita che non ci aspettavamo anche se conosciamo bene da molto tempo la posizione di Trump e del segretario Pompeo in particolare’, risponde così il segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, a margine del simposio sulla libertà religiosa alla domanda se la Santa Sede sia rimasta irritata per gli articoli di Pompeo su First Things. E sorpresa – ha aggiunto – perché era già in previsione una visita a Roma in cui Pompeo avrebbe incontrato dei vertici della Santa Sede, e ci sembrava quella la sede più opportuna e più adatta per parlare di queste cose e lo faremo: ci incontreremo domani e ci sarà modo di confrontarci su queste tematiche.
‘E’ stata data questa interpretazione, cioè quella per cui questa uscita sarebbe finalizzata alla politica interna americana. Io non ne ho le prove ma è un pensiero che si può fare’, afferma il segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, all’uscita del simposio sulla libertà religiosa promosso da Mike Pompeo. ‘Io non so che ricadute avrà questa manovra” sulla campagna, non saprei dire che ritorno può avere ma non mi sembra che usare questo argomento, quello della libertà religiosa e quello dell’accordo sulla nomina dei vescovi in Cina sia la cosa più opportuna se quello che si vuole ottenere è il consenso degli elettori, non è la maniera di farlo perché questa è una questione intraecclesiale’. E alla domanda se Mike Pompeo aveva chiesto di vedere il Papa, Parolin ha risposto: ‘Lo aveva chiesto, ma il Papa aveva detto chiaramente che non si ricevono personalità politiche durante la campagna elettorale, d’altra parte un segretario di Stato incontra il suo omologo, appunto il segretario di Stato’.