Napoli: minacce di morte a Giorgia Meloni per la sospensione del Reddito di cittadinanza

Proseguono le proteste contro il Governo e contro la premier Giorgia Meloni per la decisione di sospendere il Reddito di cittadinanza a partire dall’inizio del 2024. Una scelta che ha fatto infuriare diversi percettori che, in giro per l’Italia, si sono riuniti per manifestare contro la decisione dell’esecutivo. E a Napoli, in un corteo avvenuto in zona Porta Capuana, sono arrivate anche delle minacce alla presidente del Consiglio.

Un gruppo di circa 200 persone si è radunato a Napoli, nella zona di Porta Capuana, e si è mosso in corteo in direzione del centro della città. Davanti al gruppo dei manifestanti, controllato dalle forze dell’ordine, uno striscione con scritto ‘Il reddito di cittadinanza non si tocca. Vogliamo dignità e lavoro’.

A manifestare sono stati precari storici e disoccupati organizzati. “Siamo in piazza contro il governo e contro tutte le istituzioni”, spiega un manifestante.

Altri, nel corso del corteo, hanno urlato slogan come “Lavoro per tutti”.

Ma non sono mancati anche attimi di tensione, col corteo che è giunto fino a piazza Garibaldi per poi arrivare in Corso Umberto dove è presente la sede di Fratelli d’Italia.

Ed è proprio vicino la sede del partito di Giorgia Meloni che i manifestanti hanno urlato slogano e cori contro la premier. “Reddito non c’è più, Meloni a testa in giù” il più duro dei cori, mentre tra gli striscioni esposti ce n’era uno che richiamava alla dignità dei percettori: “Lavoro o non lavoro, vogliamo campare. Lottiamo uniti per il reddito universale. Giù le mani dal reddito“.

“Noi dobbiamo condannare qualsiasi forma di violenza. La protesta in un Paese democratico è possibile ma dobbiamo assolutamente evitare che quelle che possono essere delle legittime proteste poi si possano saldare ad azioni che non sono democratiche”,  ha detto il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, in merito alla manifestazione di disoccupati e precari che sta attraversando la città contro la stretta all’erogazione del reddito di cittadinanza. La manifestazione ha registrato qualche momento di tensione in occasione del passaggio del corteo davanti alla sede di Fratelli d’Italia al corso Umberto. Il sindaco ha sottolineato inoltre che ‘se si riuscissero a definire percorsi più ordinati per questo processo, aiuterebbe ad avere una maggiore calma sociale’.

Una scelta, quella dell’abolizione del Reddito di cittadinanza a partire dal 2024, che ha fatto storcere il naso all’opposizione. Duro l’attacco della segretaria del Pd, Elly Schlein, che in dibattito alla Camera ha sottolineato: “Forse la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, vuole passare alla storia come la prima premier che ha reso i poveri più poveri con un sms. Diciamoci la verità”.

A puntare il dito contro la premier anche l’ex presidente del Consiglio, nonché leader M5s, Giuseppe Conte che accusa Meloni di aver aperto una “vendetta contro il Movimento che però pagano gli italiani”.

Roberto Fico, ex presidente della Camera, tra i responsabili nazionali del Movimento 5 stelle, attacca il Governo Meloni per la gestione del Reddito di cittadinanza:  Un voto molto basso, soprattutto viste le premesse della campagna elettorale. L’unica cosa che stanno rispettando del loro programma è la sciagurata abolizione del Reddito di cittadinanza. Per il resto niente. Giorgia Meloni registrava la scenetta dei 50 euro sul caro benzina, ma non ha tagliato le accise. Parlava di blocco navale e oggi non rientra neanche tra le ipotesi per risolvere il problema delle migrazioni, con gli sbarchi che sono quadruplicati rispetto ad un anno fa. Questo è un Governo forte con i debolissimi e debole con i forti. Non tutelano i cittadini più poveri e piegano la testa quando vanno a Bruxelles e a Washington. Più realisti del re. Comunicare lo stop al Reddito con un SMS è una cosa scorretta. Si rischia di generare una bomba sociale, una rabbia che poi viene scaricata su Sindaci e assessori, come successo in questi giorni in Sicilia.  La Social Card è  uno strumento senza senso, è una corsa ai ripari con cui stanno prendendo in giro le famiglie. Ci vuole una riunione immediata del Consiglio dei ministri per cambiare rotta sul Reddito di cittadinanza. Giorgia Meloni sta aspetta l’esito delle elezioni europee del prossimo anno per fare un rimpasto di Governo perché nell’estate del 2024, con Lega e Forza Italia che potrebbero perdere altri consensi, avrebbe mano libera per cambiare alcuni   ministri, senza finire nel mirino per singoli casi specifici’.

Un aspetto su cui sono tutti più o meno d’accordo è che il reddito di cittadinanza ha fallito come strumento di attivazione del mercato del lavoro: non è riuscito cioè a favorire l’occupazione di chi ne era beneficiario. Nonostante questo, molti esperti lo ritengono uno strumento che in Italia ha cambiato radicalmente l’approccio alla lotta alla povertà da parte della politica italiana e che ha aiutato le fasce più svantaggiate della popolazione, specialmente dopo la crisi dovuta alla pandemia.

Fu introdotto nel 2019 dal primo governo di Giuseppe Conte, guidato proprio dal Movimento 5 Stelle insieme alla Lega. Aveva due obiettivi: contrastare la povertà e favorire l’occupazione delle persone che lo ricevevano, in modo da renderle poi autonome dal sussidio stesso.

Poco dopo il suo insediamento, il governo approvò la nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (DEF) di quell’anno, con cui spiegava i suoi piani economici triennali. Il DEF avrebbe consentito l’adozione di alcune misure care ai due partiti di governo, tra cui il reddito di cittadinanza del Movimento 5 Stelle. Dopo il Consiglio dei ministri, Luigi Di Maio (che allora era vicepresidente del Consiglio, ministro del Lavoro e ministro dello Sviluppo economico) uscì dal balcone di Palazzo Chigi insieme ad altri ministri per festeggiare, ripetendo più volte ‘ce l’abbiamo fatta’. Disse poi anche ‘abbiamo abolito la povertà’, riferendosi proprio al reddito di cittadinanza, con una frase più volte rinfacciatagli dagli avversari politici negli anni successivi e di cui più di recente ha detto di essersi pentito.

Secondo gli ultimi dati dell’INPS, l’ente di previdenza sociale italiano, a giugno hanno ricevuto il reddito di cittadinanza 895mila nuclei familiari, per un totale di quasi 2 milioni di persone. La pensione di cittadinanza, la versione del reddito di cittadinanza per gli anziani sopra i 67 anni, è stata ricevuta da 114mila famiglie per un totale di 130mila persone coinvolte. L’importo medio dell’assegno – considerati entrambi i tipi – è stato di 565 euro al mese.

Da aprile del 2019 a giugno del 2023, in poco più di quattro anni, sono stati spesi 31,5 miliardi di euro per garantire reddito e pensione di cittadinanza.

Prima che venissero introdotti reddito e pensione di cittadinanza, nel 2018 in Italia vivevano in condizioni di povertà assoluta 1,8 milioni di famiglie, per un totale di 5 milioni di individui, secondo l’Istat. Nel 2019, ossia quando è iniziata l’erogazione della misura, le famiglie in povertà assoluta si erano ridotte a quasi 1,7 milioni, per un totale di 4,6 milioni di persone. Nel rapporto di quell’anno l’Istat aveva segnalato un possibile contributo positivo di reddito e pensione di cittadinanza.

Poi è arrivata la pandemia e la povertà in Italia è tornata a salire: nel 2020 e nel 2021 le famiglie in povertà assoluta erano 1,9 milioni, per un totale di circa 5,6 milioni di persone. Nel rapporto annuale del 2022, l’Istat ha spiegato che l’intervento pubblico aveva avuto un ruolo ‘non trascurabile’ nel proteggere le famiglie dalla povertà: nel 2020 il reddito di cittadinanza e il reddito di emergenza (un sussidio straordinario erogato proprio a causa della pandemia) avevano infatti evitato che circa un milione di persone arrivasse sotto la soglia della povertà assoluta.

Uno dei presupposti principali dell’introduzione del reddito di cittadinanza, quando fu votato, era che fosse vincolato alla partecipazione dei percettori a un percorso di inserimento lavorativo. Questo tuttavia è sempre stato l’aspetto più controverso e probabilmente fallimentare della misura.

A rendere tutto più complicato c’è stato il fatto che i beneficiari del reddito di cittadinanza erano spesso persone poco istruite e senza formazione professionale, talvolta anche ai margini della società, molto difficili da collocare a livello lavorativo senza prima un serio lavoro di reinserimento sociale.

Un altro problema è che è sempre stato piuttosto difficile stabilire il reale numero di beneficiari che trovavano un lavoro grazie alle politiche attive. Il motivo principale è che le procedure passavano da INPS, ANPAL e Centri per l’impiego, e che queste strutture non condividono i dati tra di loro. A oggi non ci sono ancora studi sufficientemente ampi per stabilire se il reddito di cittadinanza sia stato di per sé un disincentivo alla ricerca del lavoro.

Le frodi sul reddito di cittadinanza sono sempre state una delle ragioni più citate per criticare la misura. Per esempio, nel novembre del 2021 molti media e politici diedero risalto a una grossa indagine dei Carabinieri in cinque regioni del Sud Italia (Campania, Abruzzo, Puglia, Basilicata e Molise), che aveva portato alla scoperta di oltre 19 milioni di euro indebitamente percepiti da beneficiari del reddito di cittadinanza. Ad aprile del 2022 fu scoperta un’altra truffa per un totale di 21 milioni di euro.

Secondo una ricostruzione del sito Pagella Politica, tra il 2019 e il 2021 i Carabinieri hanno scoperto che quasi 48 milioni di euro erano stati percepiti indebitamente da oltre 13mila beneficiari. E tra il 2020 e il 2021 la Guardia di finanza ha individuato circa 127 milioni di euro indebitamente percepiti. Nel complesso queste cifre sono una porzione piuttosto ridotta rispetto al totale dei beneficiari e delle risorse stanziate: le frodi accertate valgono 174 milioni di euro dal 2019 al 2021, circa l’1 per cento di quanto erogato in totale dallo stato.

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