Il Piano Transizione 5.0 è un’iniziativa che mira a sostenere la transizione del sistema produttivo verso un modello di produzione efficiente dal punto di vista energetico, sostenibile e basato sulle fonti rinnovabili. Nel biennio 2024-2025, mette a disposizione delle imprese italiane 12,7 miliardi di euro. L’obiettivo è favorire la transizione energetica e digitale delle imprese, incentivando nuovi investimenti in progetti di innovazione che riducano i consumi energetici. Questa opportunità permette alle aziende di allinearsi alle tendenze globali di digitalizzazione e sostenibilità, migliorando la competitività e garantendo una crescita sostenibile.
Il Piano Transizione 5.0 è il diretto successore del Piano Transizione 4.0 e si inserisce nell’ambito della più ampia strategia finalizzata a sostenere il processo di trasformazione digitale ed energetica delle imprese italiane.
In linea con le azioni previste dal piano REPowerEU, Transizione 5.0 ha una dotazione finanziaria complessiva pari a 6,3 miliardi di euro e si pone l’obiettivo di favorire la trasformazione dei processi produttivi delle imprese, rispondendo alle sfide di sostenibilità poste dalle cosiddette Twin Transition, le transizioni gemelle: quella digitale e quella energetica.
L’aiuto che segue il Piano Transizione 4.0 e istituito e regolato dal decreto Pnrr quater del 2 marzo 2024, è un’agevolazione destinate alle imprese sotto forma di credito d’imposta proporzionale alla spesa sostenuta per nuovi investimenti in strutture produttive nel territorio dello Stato, effettuati nel biennio 2024-2025. Essendo una misura generale e non selettiva, non è considerata un aiuto di stato.
Più precisamente, il Piano Transizione 5.0 è un credito d’imposta per le aziende situate in Italia che effettuano nuovi investimenti, a partire dal 1° gennaio 2024 e fino al 31 dicembre 2025, nell’ambito di progetti di innovazione che comportino una riduzione dei consumi energetici della struttura produttiva non inferiore al 3%, o, in alternativa, una riduzione dei consumi energetici dei processi interessati dall’investimento non inferiore al 5%.
In particolare, la riduzione dei consumi energetici deve arrivare da investimenti in beni materiali e immateriali funzionali alla transizione tecnologica e digitale delle imprese secondo il modello Industria 4.0.
L’apertura della piattaforma informatica Transizione 5.0 è stata fatta il 7 agosto 2024 ed è accessibile dal sito del Gestore dei Servizi energetici (GSE), per la presentazione delle comunicazioni preventive dirette alla prenotazione del credito d’imposta e delle comunicazioni di conferma relative all’effettuazione degli ordini accettati dal venditore con pagamento a titolo di acconto in misura almeno pari al 20% del costo di acquisizione. Il 12 settembre invece è partita l’apertura della piattaforma per la presentazione delle comunicazioni di completamento dei progetti di innovazione. Le comunicazioni vanno presentate esclusivamente online sul sito del GSE, accessibile tramite Spid.
Possono beneficiare del contributo tutte le imprese residenti in Italia e le stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di soggetti non residenti, a prescindere dalla forma giuridica, dal settore economico, dalla dimensione e dal regime fiscale adottato per la determinazione del reddito d’impresa.
Sono invece escluse dal beneficio le imprese:
in stato di liquidazione volontaria, fallimento, liquidazione coatta amministrativa, concordato preventivo senza continuità aziendale, o sottoposte ad altra procedura concorsuale prevista dal regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, dal codice della crisi
d’impresa e dell’insolvenza o da altre leggi speciali, o che abbiano in corso un procedimento
che abbiano sanzioni interdittive
che non rispettino le norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro applicabili in ciascun settore o che non siano in regola con gli obblighi di versamento dei contributi previdenziali e assistenziali a favore dei lavoratori.
Quali investimenti rientrano nel Piano Transizione 5.0
Rientrano tra i beni agevolabili dal Piano Transizione 5.0 anche:
i software, i sistemi, le piattaforme o le applicazioni per l’intelligenza degli impianti che garantiscono il monitoraggio continuo e la visualizzazione dei consumi energetici e dell’energia autoprodotta e autoconsumata, o introducono meccanismi di efficienza energetica, attraverso la raccolta e l’elaborazione dei dati anche provenienti dall’IoT di campo (Energy Dashboarding);
i software relativi alla gestione di impresa se acquistati insieme ai software, ai sistemi o alle piattaforme
i beni materiali nuovi strumentali all’esercizio d’impresa finalizzati all’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili destinata all’autoconsumo, a eccezione delle biomasse, compresi gli impianti per lo stoccaggio dell’energia prodotta
le spese per la formazione del personale nell’ambito di competenze utili alla transizione dei processi produttivi, nel limite del 10% degli investimenti fatti in beni strumentali e nel limite massimo di 300mila euro.
Quanto spetta alle imprese e come funziona il credito d’imposta
L’ammontare del credito d’imposta varia in relazione alla quota d’investimento e alla riduzione dei consumi.
Il credito d’imposta è utilizzabile, esclusivamente in compensazione, dopo 10 giorni dalla comunicazione delle imprese beneficiarie all’Agenzia delle entrate da parte del GSE, e in una o più quote entro il 31 dicembre 2025, solo presentando il modello F24e tramite i servizi online dell’Agenzia delle Entrate. L’ammontare del credito d’imposta non utilizzato al 31 dicembre 2025 è utilizzabile in 5 quote annuali di pari importo. L’ammontare non deve poi eccedere l’importo del credito d’imposta maturato comunicato all’impresa da parte del GSE.
Ecco uno schema riassuntivo elaborato dal Mimit su quanto spetta di credito d’imposta alle aziende:
Con cosa è cumulabile e con cosa no
Il credito d’imposta è cumulabile con altre agevolazioni pubbliche che abbiano ad oggetto gli stessi costi, a condizione che il cumulo non porti al superamento del costo sostenuto.
Viene riconosciuta quindi anche la cumulabilità con i certificati bianchi – titoli che certificano i risparmi energetici attraverso interventi e progetti di aumento dell’efficienza energetica – e con il Conto Termico – che incentiva interventi per l’incremento dell’efficienza energetica e la produzione di energia termica da fonti rinnovabili per impianti di piccole dimensioni.
Non è invece cumulabile con:
il credito d’imposta Transizione 4.0
il bonus investimenti ZES Unica– Mezzogiorno (Zona Economica Speciale).
Come fare domanda
La procedura per fare domanda prevede 3 fasi:
comunicazione preventiva
comunicazione relativa all’effettuazione degli ordini
comunicazione di completamento.
Tutte e tre le comunicazioni e le azioni correlate devono essere effettuate tramite il portale Transizione 5.0 presente tra i servizi relativi alle misure Pnrr collegandosi all’Area Clienti GSE. Ad ora è possibile inviare solo la comunicazione preventiva per prenotare il credito d’imposta e quella relativa all’effettuazione degli ordini (meglio se usate come browser Google Chrome).
Per fornire chiarimenti tecnici, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha pubblicato una circolare operativa.
A rischio, ora, c’è anche il Piano Transizione 5.0. Un piano industriale che risponde a esplicite richieste di innovazione e sostenibilità dell’Europa, e che anche l’Italia si è impegnata a declinare a livello nazionale per sviluppare e portare a compimento le Twin Transition, le transizioni gemelle: quella digitale e quella energetica. Che, sole, di fronte a un concorrenza spietata di altre parti del mondo – dall’Asia all’America Latina ai Paesi arabi – possono assicurare competitività e crescita al sistema Paese.
Ma, ora, il processo che dovrebbe portare le imprese italiane alla Transizione 5.0 potrebbe arrestarsi. A lanciare l’allarme è Assolombarda, che in occasione dell’Assemblea 2024, attraverso le parole del suo presidente Alessandro Spada ha alzato un grido di denuncia: “Continuare a ignorare i tre pilastri fondamentali della transizione – neutralità tecnologica, oggettività scientifica e gradualità – comporta con certezza il rischio di uscire dal mercato per fondamentali settori della nostra industria”.
E il pericolo non riguarda solo l’automotive, spiega, ma, riferendosi soprattutto alla Lombardia, anche la metallurgia, l’agroalimentare, il packaging, il trattamento rifiuti. “Senza queste industrie non potremmo raggiungere gli obiettivi di riciclo imposti dall’Europa. Obiettivi rispetto ai quali noi, più di chiunque altro, siamo all’avanguardia”.
Elogia gli “imprenditori di questo territorio”, che, dice, “sono veri e propri inventori, precursori di sostenibilità. Una sostenibilità ambientale certo, ma allo stesso tempo economica e sociale. Per noi la sostenibilità non è un vincolo o un obbligo di legge. È un vero e proprio vantaggio competitivo”.
Ricorda che a Milano, per esempio, la sostenibilità fanno con la prima tecnologia per il recupero di qualsiasi metallo, comprese le materie rare dalle acque reflue. O ancora, con la prima pompa centrifuga per convertire la plastica non riciclabile in bio-olio. A Monza e in Brianza, fino ad arrivare a Pavia, hanno messo in piedi un ecosistema di rigenerazione della natura, “con ettari ed ettari di terreni recuperati alla biodiversità“. E da Pavia fino a Lodi, infine, c’è uno dei centri più importanti nazionali per il recupero degli oli esausti e solventi.
Ma tutto questo non basta. Secondo Spada, per affrontare le sfide delle transizioni e la competizione con Stati Uniti e Cina, serve innanzitutto un fondo comune a livello europeo “e poi serve che sia all’altezza”. Cita il Chips Act, che ha l’obiettivo di aumentare dal 10% al 20% la quota europea nella produzione globale di semiconduttori entro il 2030.
“Direzione giusta. Ma l’Unione Europea dovrebbe investire oltre 260 miliardi di dollari, quasi 6 volte tanto l’ammontare che Bruxelles ha annunciato e che è in gran parte affidato alle finanze degli Stati membri. La Presidente von der Leyen ha dichiarato che nei primi 100 giorni di mandato della nuova Commissione sarà presentato il Clean Industrial Deal come parte essenziale della strategia verde dell’Europa. Ci auguriamo che sia il passaggio verso una transizione ecologica davvero industriale“. E avverte: “In questo piano, o ci sarà un cambiamento dei progetti attuali secondo un paradigma realistico e realizzabile, oppure il rischio di deserto industriale sarà concreto”.
Il problema del gap di materie prime in Europa
Rispetto al quarto trimestre 2019, quindi prima della pandemia, ricorda, nel secondo trimestre di quest’anno l’Italia ha accresciuto in termini reali i suoi investimenti in macchinari e impianti del 10,1%. In Spagna sono diminuiti del 4,5%, in Francia del 4% e in Germania del 9,9%. Anche grazie al Piano Industria 4.0, l’Italia ha portato la sua quota di investimenti in macchinari e tecnologie sul Pil dal 6,1% del 2014 al 7,2% del 2019 fino al 7,6% nel 2023.
“Questo è stato il vero segreto della nostra capacità industriale. Qualche giorno fa il presidente del consiglio per la digitalizzazione di Francia ha detto che gli imprenditori al mondo che più di tutti l’hanno impressionato sono quelli lombardi. L’Europa deve fare ancora molto per essere competitiva: i circa 800 miliardi aggiuntivi di investimenti all’anno stimati da Mario Draghi sono quasi il 5% del Pil europeo e oltre un terzo del Pil italiano”.
Spada punta dritto anche al “gap europeo di materie prime“: “L’Europa, su questo tema, è fortemente dipendente dalle importazioni”. La Commissione europea ne ha individuate 34 critiche, dal nichel al silicio fino alle terre rare. Oltre un terzo di questi materiali proviene dalla Cina come principale fornitore, a prezzi che i concorrenti non riescono a sostenere.
“Quindi – prima di ogni altra cosa – dobbiamo ridurre il fabbisogno attraverso riciclo e circolarità, che è uno dei nostri punti di forza, ma anche diversificando le forniture e aumentando, quanto possibile, la capacità produttiva europea”.
A calmare gli animi ci ha pensato il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, presente all’Assemblea di Assolombarda, che è apparso sereno e fiducioso. “Transizione 5.0? È l’unica misura che tiene insieme le due transizioni, quella green e quella digitale” ha ricordato.
“Transizione 5.0 nasce da una ricontrattazione con l’Europa: abbiamo trattato in Europa su come fare una misura, non è stata una cosa facile. Abbiamo preso 17 miliardi da capitoli che non avrebbero portato sviluppo e li abbiamo ricollocati. 9 miliardi e 700 milioni sono arrivati al nostro dicastero. La Lombardia va meglio in un’Italia che va bene, un Paese che in questo contesto storico, in un’Europa circondata da guerra e in stagnazione, fa meglio di altre nazioni europee”.
Secondo Urso il problema italiano “è uno solo”: il costo dell’energia, troppo caro rispetto agli altri competitor europei. E assicura che il governo Meloni, e lui in primis, stanno affrontando il “nostro problema”. “Entro fine anno faremo un contesto legislativo per garantire che anche in Italia si possano installare reattori di terza generazione avanzata e di quarta generazione“. Una promessa importante, vincolante per molte imprese in qualche modo, se andasse in porto.