“Quando ho nominato segretario Catricalà e confermato nelle loro posizioni Fortunato e Canzio non ero certo all’oscuro dei loro rispettivi percorsi di carriera, ne’ di chi avesse avuto un ruolo decisivo nel valorizzarli in passato”. Esordisce così il presidente del Consiglio Mario Monti, in una lettera a ‘Repubblica’ in cui risponde a un editoriale di Eugenio Scalfari. Il fondatore del del quotidiano aveva individuato “alcuni poteri forti” a Palazzo Chigi che “remano sistematicamente contro la sua politica”. Scalfari fa tre nomi: il capo di Gabinetto Vincenzo Fortunato, il sottosegretario Antonio Catricalà e il ragioniere generale del Tesoro Mario Canzio.
Ma, sottolinea il premier, “si tratta di qualificati funzionari dello Stato e nel decidere di avvalermi della loro collaborazione li ho valutati alla luce di quelle che, dopo attento esame, mi sono parse le loro caratteristiche di competenza, integrità, autorevolezza nell’esercitare le funzioni a esse attribuite, lealtà”. E sottolinea: “Lealtà allo Stato e alle linee programmatiche del Governo, non ad una ‘mia’ parte politica (che come è noto non esiste)”. Insiste Monti: “nel caso riscontrassi in loro, come in qualsiasi altro collaboratore, anche un solo caso di mancata correttezza o lealtà, non esiterei a privarmi della loro collaborazione”.