I magistrati milanesi che indagano sulla morte di Imane Fadil stanno ascoltando come persona informata dei fatti il direttore sanitario dell’Humanitas, la clinica di Rozzano, nel Milanese, dove la 34enne marocchina, testimone chiave dei processi Ruby sul bunga bunga di Arcore, era ricoverata per un sospetto avvelenamento e dove il 1 marzo scorso è morta dopo circa un mese di agonie e sofferenze. L’audizione del direttore sanitario è attualmente in corso nell’ufficio del procuratore aggiunto Tiziana Siciliano, coordinatrice delle indagini avviate dalla Procura di Milano per omicidio volontario.
Il manager è soltanto uno dei vari testimoni che gli inquirenti stanno sentendo in questi giorni per far luce sulla morte della 34enne, una delle prime accusatrici di Silvio Berlusconi nell’inchiesta sui festini a luci rosse di Villa San Martino. Prima di morire, l’ex modella aveva confidato al fratello e al suo avvocato di essere stata avvelenata. Un’ipotesi compatibile con le condizioni della donna che quando si è presentata in ospedale, il 29 gennaio, presentava i sintomi tipici dell’avvelenamento: nausea, dolori all’addome, gonfiori a stomaco e ventre. Le prime analisi hanno confermato la presenza di 5 metalli nel corpo della 34enne anche se non a livelli allarmanti. L’ipotesi della contaminazione radioattiva, secondo quanto si apprende in ambienti giudiziari milanesi, sarebbe confermata dagli esiti di un test parziale condotto dai medici di un centro specializzato di Milano sulle urine della ragazza.