Matteo Renzi torna alla carica. Il leader di Italia Viva, intervistato da Repubblica, si è scagliato contro l’alleanza tra il Partito democratico e il Movimento 5 Stelle, attaccando soprattutto quest’ultimo e preannunciandone la fine a stretto giro. Non è mancato un riferimento diretto a Giuseppe Conte, il bersaglio dell’ex sindaco di Firenze dall’inizio della pandemia.
Per Matteo Renzi il Movimento 5 Stelle ‘è al capolinea’. Ma c’è di più. Secondo il leader di Italia Viva, Giuseppe Conte non accetterà di guidare il M5S: ‘Non mi stupirei se alla fine rinunciasse: troppe tensioni a cominciare dalla rissa sul terzo mandato’.
Sul fatto che Conte abbia comunque un consenso decisamente ampio, l’ex sindaco di Firenze ha sottolineato che ‘questo interessa a chi confonde la politica con il Grande Fratello, nella recente crisi abbiamo dimostrato che il Parlamento non è Facebook’.
Noi abbiamo fermato Salvini nel 2019 – ha aggiunto -, creato le condizioni per il governo Draghi nel 2021. Siamo orgogliosi di questo, ma non basta. Nei prossimi giorni organizzeremo meglio Italia Viva’.
Matteo Renzi si è poi ascritto il merito di aver salvato l’Italia: ‘Abbiamo salvato il Paese, svoltando sui vaccini e mettendo in sicurezza il debito pubblico con Draghi’.
E sul fatto che Matteo Salvini e la Lega siano tornati al governo, l’ex premier ha spiegato che sia ‘positivo che la Lega abbia accolto l’appello di Mattarella, ora votano la fiducia all’ex banchiere centrale europeo. Per queste operazioni serve la politica, non i sondaggi’.
In realtà la condizione politica del Movimento 5 Stelle, al momento, è agli sgoccioli, cosa ben nota a Beppe Grillo e a gran parte del gruppo parlamentare pentastellato. Il problema che salta agli occhi è che il suo movimento è ancora alla ricerca di una leadership. Vito Crimi svolge le funzioni di capo senza che nessuno riconosca la sua legittimità, in quel ruolo, all’interno del partito.
All’interno molti sperano in un ripensamento di Giuseppe Conte. L’ex premier non ha avuto nessun ripensamento, semplicemente, oltre ad esserci dei nodi giudiziari legati allo statuto che ostacolano la salita al comando di Conte, è lo stesso Grillo ad avere espresso più di qualche dubbio. Il Movimento non ha una direzione e Conte non ha un programma utile per esercitare una direttiva utile per realizzare il ‘cambiamento’ di cui parlava.
Al momento emerge sottotraccia la possibilità di avere una leadership a due con Conte e Di Maio a spartirsi il potere. Molti, tra senatori e deputati, sembrano essere d’accordo su un simile sviluppo anche così perché si eviterebbe la nascita di nuove correnti. Quest’ultimo è stato uno dei principali argomenti trattati a Marina di Bibbona, nella villa di Grillo, in quanto, qualora avvenisse, destinerebbe ad un indebolimento ulteriormente i pentastellati.
‘Quando c’era Luigi queste correnti non esistevano e non si capisce perché ora stiano proliferando in questo modo’, è stato il commento di un deputato, a Tpi.it. Conte ha scarsissimo margine d’azione a differenza di Di Maio che, invece, ne ha più volte frenato la nascita.
Un problema sentito è rappresentato dalle amministrative visto che le prossime elezioni rischiano di sancire una vera disfatta, come emerge dalle previsioni nelle principali città italiane.
A Milano dovrebbe esserci un accordo su Sala, ciò significa che la coalizione sarà a trazione Pd. A Torino, dove da poco è nato il ‘Movimento 4 Ottobre’, un partito formato dai 5 Stelle delusi. A Bologna il peso politico dei pentastellati è pressoché nullo mentre a Roma la candidatura di Virginia Raggi, nonostante sia sta ufficializzata anche da Grillo, ha fatto nascere e continua a dare vita a numerosi malumori.
L’unico luogo dove realmente è possibile immaginare una vittoria dei 5 stelle è in patria di Luigi Di Maio, a Napoli, dove il candidato dovrebbe essere Roberto Fico.
Lo stato di fatto del Movimento ci dice che Giuseppe Conte, a parte una noiosa riunione in streaming, non ha detto niente, dai famosi Stati generali del Movimento sono passati mesi, nessuno organo direttivo è stato eletto, Alessandro Di Battista è andato via e decine di parlamentari hanno tranquillamente trovato casa in altri gruppi parlamentari.
Davide Casaleggio è in rotta con i capi del Movimento creato da suo padre, mentre Repubblica ci informa che la Conte-revolution consisterebbe nell’adozione di uno slogan vecchio come, ‘né di destra né di sinistra’, che poteva avere un senso nella stagione dell’assalto al cielo e del trionfo dell’antipolitica, mentre adesso odora di qualunquismo.
Che analisi fanno, i grillini, dello stato della sinistra italiana? Che giudizio danno della destra italiana? Che cosa significa avvicinarsi al Partito socialista europeo, ammesso che sia vero? O voler diventare una specie di partito verde? Quali sono insomma i capisaldi di teoria politica che sorreggono quel vecchio slogan?
L’ex premier ha contattato Beppe Grillo per spingerlo verso l’estrema idea di ‘rifondazione’, studiata inizialmente e poi accantonata. Conte vorrebbe ripartire da zero: nuovo statuto e nuovo simbolo che lo accompagni verso le prossime politiche. In pratica un totale abbandono del brand originario. Il rinnovamento del M5s è in stallo per alcune divergenze tra Giuseppe Conte e Beppe Grillo. L’ex premier infatti vuole che il ‘suo’ Movimento Cinque Stelle abbia un ‘orientamento progressista’ e che l’approdo a Bruxelles dovrà essere il Partito socialista europeo. Su questo ultimo punto c’è tensione visto che, riporta il ‘Corriere della Sera’ in un retroscena, tra i maggiorenti c’è chi preme per andare tra i liberali dell’Alde e chi tra gli ambientalisti.
Ma il vero motivo di scontro, è il simbolo. Ci sono state una serie di telefonate tra Beppe Grillo e Conte. Il Corriere rivela che l’ex premier sia stato ‘a un passo’ da un clamoroso ripensamento. L ‘avvocato aveva pensato di mettere nel logo la parola ‘Conte’ o la formula ‘con te’ ma Grillo lo ha stoppato.
Insomma la rifondazione del Movimento è fermo, ‘impigliato – oltre che nelle dispute interne – nelle carte bollate del Tribunale di Cagliari (l’istanza era stata avanzata da una consigliera espulsa) e nell’attesa di un pronunciamento sul ripristino dell’organismo collegiale decaduto, che nello statuto ha preso il posto del vecchio capo politico.
A questo possiamo aggiungere la mancanza di garanzie che potrebbe completamente bloccare i parlamentari e le scarse risorse economiche in cui versano le casse pentastellate. Il Movimento si prepara a nuove spese con la sede e lo staff di supporto a Conte, unita ad una struttura territoriale che potrebbe richiedere qualche piccolo sacrificio economico. Il garante riflette ma è fortemente perplesso…