Ad Aboubakar Soumahoro, finito nel mirino del regionale di garanzia elettorale della Corte d’Appello di Bologna per i finanziamenti alla sua campagna elettorale, negli stessi giorni in cui moglie e suocera finivano agli arresti domicliliari per presunte truffe nella gestione delle coop chiamate a gestire l’accoglienza degli immigrati, è stata inflitta una multa da 40mila euro.
La “Verità” parla di tutte le accuse contenute nell’incartamento dei giudici che indagano sul parlamentare, oggi nel Gruppo Misto. Il collegio di garanzia ha già inflitto al deputato, come dicevamo, una multa di 40 mila euro e ha ritenuto opportuno trasmettere gli atti alla Camera «per quanto di sua competenza». Visto che «la scarsa trasparenza della documentazione prodotta non consente di definire con certezza l’entità delle spese sostenute dal candidato e di accertare l’eventuale superamento dei limiti massimi di spesa». Cosa che comporterebbe la decadenza automatica del parlamentare.
Tra le accuse contestate, ben nove nove violazioni della legge sul finanziamento ai partiti, tra cui “la nomina tardiva del mandatario elettorale e l’opacità dei suoi finanziatori, prelievi in contanti non giustificati e operazioni estranee al finanziamento della campagna”. L’accusa principale però riguarda i soldi, scrive la Verità. “Il primo problema, secondo i giudici, è che non risulta aperto alcun conto bancario o postale destinato alla raccolta fondi. Il candidato ha infatti utilizzato una carta Postepay intestata al consigliere. Che però ancora doveva diventare ufficialmente il mandatario di Soumahoro. A marzo mancava anche l’estratto conto dei movimenti. O meglio: è stata trasmessa soltanto una lista di movimenti della carta con indicazioni di una serie di operazioni. L’ultima è stata effettuata il 10 gennaio 2023: un accredito di 800 euro. Il deputato ha chiuso il conto soltanto il 31 gennaio. Nel frattempo sono arrivati altri accrediti. E secondo i giudici ci sono prelievi in contanti per 850 euro non giustificati. Mentre nella lista erano presenti anche operazioni estranee al finanziamento della campagna elettorale”.
Secondo i giudici ci sono altri importi che non trovano riscontro nei movimenti della carta, così come le movimentazioni, l’imprecisione di date di versamenti e di accrediti, la fonte degli stessi, come “una serie di accrediti per un importo complessivo di 6.981,23 euro che arrivano dalla società Stripe Technology Europe Ltd Spa, con sede in California, una piattaforma di elaborazione di pagamenti che fornisce il necessario per creare siti internet e app allo scopo di accettare pagamenti ed inviare bonifici in tutto il mondo, e qui i magistrati parlano di una possibile violazione della legge sul finanziamento dei partiti e delle norme che risalgono al 1981 e che prevedono per i finanziamenti dall’estero una specifica dichiarazione alla Camera di appartenenza da parte del soggetto che li percepisce”.
Soumahoro ha risposto alle accuse in una memoria alla Corte parlando di operazioni fatte in buona fede e di irregolarità solo formali mentre la piattaforma Stripe avrebbe ricevuto finanziamenti solo dall’Italia, quindi non vi era obbligo di comunicazione.