Il Museo d’Orsay a Parigi è celebre per i numerosi capolavori dell’impressionismo e del post-impressionismo esposti al suo interno. Situato di fronte al Musée du Louvre nella ex-stazione ferroviaria di la Gare d’Orssay costruita in stile eclettico alla fine dell’Ottocento. Il progetto di ristrutturazione diede fama internazionale all’architetto italiana Gae Aulenti alla quale venne affidata la disposizione degli spazi interni e la progettazione dei percorsi espositivi. A lei si deve la scelta della pietra calcarea chiara, che fornisce luminosità alle sale sfruttando al meglio la luce proveniente dalla volta in vetro e metallo, e nello stesso tempo rende unitario l’insieme. La grande arte francese del XIX e XX secolo debutta quindi a Roma con “Musée d’Orsay. Capolavori”, galleria di oltre 60 opere che per la prima volta porta nella capitale la collezione del museo parigino al Complesso del Vittoriano fino all’8 giugno. Curata dallo stesso Presidente dei Musées d’Orsay et de l’Orangerie, Guy Cogeval, che dichiara che la mostra traccia un bilancio di questi primi 30 anni di attività del museo, raccontandone anche la nascita in quella che un tempo era solo una stazione ferroviaria sulla Senna.. Un’occasione, sottolinea l’ambasciatore Alain Le Roy, che testimonia ancora una volta come l’interesse e il fascino reciproco tra Italia e Francia diano linfa a una cooperazione culturale che oggi è più viva che mai. Da questo fascino reciproco, aggiunge l’Assessore alla cultura del Comune di Roma, Flavia Barca, nascerà anche “il progetto Tandem” sottoscritto tra la capitale e Parigi per un programma comune di attività culturali. Aperta dalle gigantografie del maestoso orologio a lancette, simbolo nel mondo del d’Orsay, la mostra racconta il Museo sin dalla sua ideazione, tra immagini d’epoca ed i progetti realizzati da Gae Aulenti nel 1986 per trasformare in galleria la vecchia Gare di Victor Lalou, progettata per l’Esposizione Universale del 1900. E poiché il pubblico italiano è sempre molto affezionato al d’Orsay, dice, abbiamo voluto opere che non fossero solo l’impressionismo e Monet. Si va dunque dalla pittura accademica dei Salon all’affermarsi del realismo di Coubert, proseguendo con la Scuola di Barbizon che diede inizio allo studio della luce fino alla “nuova pittura” della rivoluzione impressionista, le declinazioni dei nabis e dei simbolisti, con l’apertura alle avanguardie del XX secolo.
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