N.E.R.D.: un’imperdibile pièce psicosomatica al Piccolo Eliseo

Ancora prima di entrare in sala e sedersi, in attesa di pregustare lo spettacolo, al Piccolo Eliseo dal 26 al 29 settembre, bisogna fermarsi a prestare la necessaria attenzione al suo titolo, per evitare di essere fuorviati sul vero tema della pièce. N.E.R.D. non è nerd, il termine un tempo di gergo adolescenziale che ormai tutti conosciamo, ma un acronimo inglese che in medicina designa il “reflusso non erosivo”, il classico, fastidioso e apparentemente innocuo bruciore di stomaco.

Che cosa c’entra il N.E.R.D. in una storia che si svolge in un agriturismo tipo, con tanto di laghetto con le papere, in attesa che inizino i festeggiamenti per i cinquant’anni di matrimonio di una bella, classica coppia? Il fatto è che i quattro figli maschi, adulti-adolescenti per così dire, dei festeggiati – che con perfetta intelligenza scenica compaiono solo alla fine dello spettacolo in un flash back /antefatto di pochi minuti – si sono prefissi una missione impossibile: mantenere l’apparenza del perfetto paradigma di una sana famiglia felice, modellata su un passato anacronistico e nostalgicamente rimpianto. E soffrono tutti, prima o poi, proprio di N.E.R.D. perché, anche se non è possibile dire sempre e costantemente la verità, tutte quelle piccole e grandi verità taciute nel quotidiano, si accumulano dentro di loro, e di noi, fino a traboccare nello psicosomatico e famoso bruciore di stomaco, che sale fino al petto e nessun Maalox, Gaviscon, Lanzoprazolo o tisana riescono a far passare. Pillole, pillole di ogni genere e quantità sono quasi pane quotidiano per tutti i personaggi.

Le prove del discorso per l’anniversario dei genitori che uno dei figli, Robi; continua a sottoporre agli altri fratelli durante tutto lo spettacolo rappresentano proprio il tentativo disperato di aggrapparsi a questa finzione, ed hanno un ruolo che è quasi il contrario logico di quello del coro della tragedia greca, che entrava in scena per dire invece la “verità” dell’autore. Non credo sia un caso, che proprio lui abbia tra tutti il crollo psicologico peggiore.

Bruno Fornasari, regista e autore dello spettacolo, vincitore quest’anno del Premio Nazionale per la Drammaturgia Franco Enriquez, ha spiegato che il nodo problematico all’origine del testo è l’instabilità emotiva e culturale di una generazione che il post-moderno ha liberato dalle certezze e dalle verità assolute, proclamando che la verità è relativa per ognuno e che tutte sono sullo stesso piano; ma che ha anche gettato nella paralisi del non-fare, nella paura del futuro che i nostri personaggi vedono esplicitamente come “sfocato”, provocando un irresistibile desiderio di restare nel presente infinito.

Non lasciatevi spaventare da concetti apparentemente astrusi come filosofia post-moderna e adattamento darwiniano – a proposito, anche Charles Darwin e sua moglie Emma compaiono nel geniale flashback finale –perché il senso dello spettacolo arriva forte e chiaro dalla “sassaiola di battute fulminanti e caustiche”, dall’umorismo nero di sapore anglosassone di testi e situazioni, dalla mimica dei, bravissimi attori. Tutti noi, ahimè, cogliamo senza sforzo e senza bisogno di sovrastrutture filosofiche, la condizione esistenziale dei personaggi e conosciamo il potenziale destabilizzante delle riunioni celebrative di matrimoni, funerali, compleanni e anniversari, che costituiscono un filone drammaturgico molto nutrito, del cinema soprattutto.

Gli attori – Tommaso Amadio, Riccardo Buffonini, Michele Radice e Umberto Terruso, rispettivamente Enri, Dani, Nico e Robi – con l‘aiuto di minimi attrezzi di scena interpretano anche gli altri quattro personaggi: Rita, moglie di Nico; Laura, amante sia di Enri che di Nico; Luca, amante di Robi e infine Licia, moglie di Luca. Questa scelta straniante è efficacissima e in un certo senso concentra l’attenzione sul pezzo forte della pièce, il testo. Non è facile trovare opere contemporanee che siano capaci di arrivare direttamente e coinvolgere il pubblico coniugando rigore e gioco, implacabile lucidità e affettuosa ironia. Buoni e cattivi nella società contemporanea non sono più così facili da separare come in classe sulla lavagna.

Andate a vedere questo spettacolo, ne vale veramente la pena.

Barbara LALLE

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