Il 21 dicembre 2019 può essere segnata come una data storica per la politica italiana. A Milano, infatti, è stato approvato dal Congresso della Lega il nuovo statuto. Addio, quindi, al federalismo dato vita da Umberto Bossi nel febbraio 1991 con il partito di via Bellerio che diventa a tutti gli effetti nazionale. In realtà, questo cambiamento è stato iniziato da Matteo Salvini ormai diversi anni fa con la denominazione diventata Lega Salvini Premier. Il tutto, però, sarà ratificato solamente in questo 21 dicembre con l’intenzione di dare vita ad un movimento che vince in tutta Italia e non solo al Nord, come successo in passato.
In questo congresso si cambia lo statuto anche se la denominazione Lega Nord non ‘scompare’ definitivamente: “Ci saranno delle modifiche statuarie di adeguamento della forma giuridica – ha precisato Giancarlo Giorgetti – il mondo intorno è cambiato e quindi dobbiamo declinare la nostra idea di autonomia alla globalizzazione. Il 2020 per noi resta un anno cruciale per decidere le regole di funzionamento della democrazia nel nostro Paese“. La novità più importante resta il doppio ‘tesseramento’ con gli iscritti che potranno aderire anche ad un altro partito o movimento politico. Per il resto non ci saranno particolari novità con la Lega che è pronta a diventare nazionale.
Il congresso è un’occasione per far scendere in piazza le ‘Sardine’ di Milano. In contemporanea alla ‘riunione’ del partito di via Bellerio, il movimento è pronto a fare un flash-mob non distante dall’hotel che ospiterà tutti i membri del Carroccio. “Il cambio di statuto – precisano gli organizzatori del movimento – renderà molto più difficoltosa la restituzione dei 49 milioni di euro sottratti allo Stato, che rimarranno a carico della ‘bad company’ Lega Nord“.
Sul movimento è intervenuto anche Umberto Bossi: “Non penso che diventeranno partito – ha detto il Senatur – perché esiste già una forza politica che si chiama Pd. Bisogna prestare molta attenzione perché anche noi abbiamo iniziato come loro e potrebbero aumentare il consenso dei democratici“.