‘Ndrangheta, infiltrazione a Trento: 19 misure cautelari e 5 fermi

Oggi sono state eseguite, nel corso dell’operazione ‘Perfido’, dai carabinieri del Ros e dai carabinieri di Trento, Roma e Reggio Calabria 19 misure cautelari a carico di persone indagate, a vario titolo, tra gli altri, per i delitti di associazione mafiosa in quanto appartenenti alla ‘ndrangheta, scambio elettorale politico-mafioso, porto e detenzione illegale di armi da fuoco e riduzione o mantenimento in schiavitù. Sono stati eseguiti 5 fermi di indiziati di delitto a carico di indagati per associazione mafiosa e di altri reati. Inoltre, il Ros e la guardia di finanza di Trento sono stati delegati all’esecuzione di un decreto di sequestro di beni mobili e immobili e rapporti bancari per un controvalore di 1,5 milioni di euro, riconducibili ai soggetti destinatari del provvedimento cautelare. Le indagini dei militari hanno accertato l’esistenza di una costola della ‘ndrangheta a Lona Lases (Trento), proiezione di quella di Cardeto (Reggio Calabria), in particolare delle cosche reggine ‘Serraino’, ‘Iamonte’ e ‘Paviglianiti’. Le investigazioni sono partite nel 2017 e hanno consentito di definire ruoli e funzioni della cosca trentina, al cui vertice ci sarebbe Innocenzo Macheda, coadiuvato da diversi imprenditori nel settore del minerale porfido, e di quella di Cardeto, che sarebbe state guidata prima da Saverio Arfuso e poi da Antonino Fallanca, legato alla cosca ‘Serraino’. Sono stati documentati i rapporti tra le due ‘sezioni’ e i loro capi, per problemi relativi all’organizzazione di attività illecite. Inoltre, è sttao scoperto che l’associazione ‘Magna Grecia’, formalmente centro di aggregazione culturale, è stata utilizzata come luogo di riunione dei sodali e strumento per la raccolta di fondi da destinare al sostentamento dei compartecipi arrestati.

Sotto il profilo delle attività criminali, è emerso come gli esponenti della ‘locale’ di ‘ndrangheta di Lona Lases abbiano assunto il controllo dei settori dell’estrazione e della lavorazione del porfido, maggiore risorsa economica del luogo, attraverso un processo di progressiva infiltrazione nel tessuto imprenditoriale, che sarebbe stato avviato da Giuseppe Battaglia. In tale ambito imprenditoriale, oltre a sistematiche attività di vessazione e intimidazione sulle maestranze, è emerso come siano state avviate operazioni speculative attraverso la commercializzazione dei semilavorati in nero e la falsificazione dei bilanci di esercizio delle imprese a loro riferibili. Inoltre, secondo i militari sarebbe stata pianificata la progressiva infiltrazione della cosca nella politica locale attraverso l’inserimento negli organi di governo comunale di Lona Lases al fine di condizionarne l’attività politica e amministrativa. In tale contesto, oltre ad aver intessuto una fitta rete di contatti con diversi ambiti della società civile (imprenditoria, istituzioni, politica), la ‘sezione locale’ avrebbe offerto anche il sostegno elettorale ad alcuni candidati in vari appuntamenti per il rinnovo di vari enti locali.

I militari hanno accertato anche l’operatività di una seconda associata mafiosa attiva a Roma i cui membri, sotto la direzione di Domenico Morello, della ‘locale’ di Lona Lases, sarebbero stati preposti alla gestione di diverse imprese operanti in Trentino e nel Lazio che, nei programmi degli indagati, sarebbero state funzionali all’esecuzione di attività di riciclaggio, trasferimento fraudolento di valori, di fatturazioni per operazioni inesistenti e per infiltrare gli ambienti istituzionali. Secondo gli investigatori le ‘sezioni locali’ della ‘ndrangheta sarebbero arrivate in Trentino Alto Adige tra gli anni ’80 e ’90, a causa dello sviluppo economico e dalla ricchezza delle regioni del Nord. Queste ramificazioni, presenti in Italia e all’estero, hanno conservato le regole e le forme originarie e, nonostante una certa autonomia operativa, devono rispondere alla ‘ndrangheta in territorio calabrese.

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