‘Ndrangheta, minacce mafiose e messaggi hard: chiesto processo per due sacerdoti

Minacce mafiose e messaggi hard. Pressioni per ottenere la restituzione immediata di un debito e parentele di ‘ndrangheta evocate per fare paura. C’è tutto questo nell’indagine che ha portato la procura antimafia di Catanzaro a mettere sotto inchiesta e chiedere il processo per due sacerdoti del vibonese, Graziano Maccarone, segretario particolare del vescovo di Mileto, e Nicola De Luca, reggente della Chiesa Madonna del Rosario di Tropea.

Con minacce e intimidazioni – li accusa pm Annamaria Frustraci – i due hanno tentato di costringere un uomo a cui avevano prestato del denaro a restituire immediatamente l’intera somma, pena l’intervento dei parenti mafiosi di uno dei due. “Il cugino mio, Luigi è quello che è uscito adesso a luglio, il capo dei capi” diceva don Graziano Maccarone alla vittima per obbligarlo a ripianare immediatamente il suo debito.

All’uomo, il sacerdote si era presentato quasi come un angelo salvatore. Insieme a don Nicola De Luca, gli aveva fornito i circa 8mila euro necessari per evitare che alla figlia pignorassero dei beni, a compensazione di un debito. La restituzione – gli avevano assicurato – sarebbe potuta avvenire con calma e a rate.

Un riferimento, velato ma perfettamente comprensibile, ai potentissimi Mancuso di Limbadi, di cui Maccarone è cugino. Minacce che l’uomo ha ignorato, facendo infuriare i preti, che se da una parte hanno convinto il vecchio creditore a simulare di non aver ricevuto alcun pagamento, dunque a rinnovare l’atto di precetto, dall’altra hanno alzato il livello delle intimidazioni. “Stai attento che si fa una brutta fine” mandava a dire all’uomo tramite don De Luca.

Manovre del tutto inefficaci. A quel punto, don Graziano Maccarone avrebbe tentato di passare a vie di fatto. Ascoltato dagli investigatori, all’amico sacerdote avrebbe chiesto di farsi da parte perché sarebbero stati “i cugini” a risolvere il problema, recuperando il denaro “per vie traverse”. A loro – raccontava nelle conversazioni monitorate – si era rivolto con una richiesta esplicita: un pestaggio per il debitore per costringerlo a pagare. Ma sarebbe stato ricondotto a più miti consigli perché – spiegava – “non è il momento, adesso il fuoco è troppo alto e ci bruciamo tutti”. Per questo il debitore sarebbe stato risparmiato, ma i guai per il sacerdote ed il suo complice sono arrivati  comunque.

 

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