Un’ evasione programmata probabilmente da tempo,quella messa in atto da Antonio Pelle. Il boss della ‘ndrangheta 49enne, sarebbe infatti dimagrito eccessivamente per fingersi anoressico. Ed infatti all’uomo era stata diagnosticata una cachessia, cioè lo stato terminale di una forma di anoressia che gli causava debolezza e problemi di deambulazione. Dunque l’esilità del suo corpo, pesava meno di 50 kg, aveva convinto la Procura di Reggio Calabria a chiedere il parere di un perito. Quest’ultimo in effetti aveva ritenuto indispensabile trasferire Pelle, visto il suo stato di salute. Nel frattempo, il suo avvocato Giulia Dieni aveva gia’ ottenuto la sospensione dei due processi di secondo grado e il declassamento dal 41 bis a detenuto ordinario, sebbene in condizioni di particolare sicurezza. Ma il piano del boss calabrese è giunto a compimento, quando è riuscito a scappare dall’ ospedale di Locri, dove era stato ricoverato per i suoi evidenti problemi di salute, lasciando increduli medici e forze dell’ordine, che avevano il compito di sorvegliarlo. Antonio Pelle ha due procedimenti pendenti, dinanzi alla Corte d’Appello per la condanna a dieci anni per droga e dinanzi alla Corte d’Assise d’Appello per i 13 anni di condanna nel processo Fehida. Entrambi sono stati sospesi per incapacita’ dell’imputato di stare in giudizio e a breve si sarebbe tenuta un’ulteriore udienza in cui il suo legale avrebbe chiesto nuovamente la sospensione. La procura di recente aveva costituito un pool di esperti per verificare se Antonio Pelle avesse costituito un disegno premeditato oppure se la patologia era reale. In particolare erano stati disposti una serie di accertamenti, tra cui l’elettromiografia, al fine di stabilire se avesse subito dall’anoressia i danni fisici che lamentava. Ora, oltre a cercare di capire dove possa trovarsi Pelle, gli inquirenti hanno da risolvere moltiinterrogativi, quali il coinvolgimento di un complice nella fuga del boss e l’eventuale premeditazione della fuga.
Premeditazione sulla quale, secondo il procuratore aggiunto della Dda di Reggio Calabria, non bisogna avere alcun dubbio. Antonio Pelle, il boss della ‘ndrangheta di San Luca, meglio conosciuto con il Nicola Gratteri sopranome di ‘la mamma’ , aveva Durante il periodo di detenzione, grazie ad alcune intercettazioni ambientali, eravamo riusciti a capire che Pelle, forse con complicità all’interno del carcere, era riuscito ad avere dei medicinali dimagranti. – rivela Gratteri-…di questi farmaci, però – prosegue ancora il magistrato – aveva fatto uso spropositato tant’e’ che era stato necessario ricoverarlo all’ospedale romano ‘Pertini’. Dalle intercettazioni ambientali era anche emerso che Antonio Pelle puntava ‘a scendere velocemente sotto i cinquanta chilogrammi, “così mi mandano ai domiciliari”, aveva dichiarato in alcuni colloqui registrati il boss, che rifiutava spesso il cibo. Ottenuti gli arresti domiciliari circa un anno f,a grazie al referto positivo di un gruppo di consulenti incaricati dalla Procura reggina, Antonio Pelle era rientrato nella sua abitazione di contrada ‘Bosco di Bovalino. Cinque giorni fa, il boss si era sentito male ed era finito all’ospedale di Locri, ieri infine la fuga. Battute e perquisizioni a tappeto sono in corso da ieri sera in tutta la Locride per la ricerca di Pelle. I carabinieri stanno setacciando tutte le campagne della zona ed hanno compiuto perquisizioni in casa di familiari ed amici di Pelle alla ricerca dell’evaso. Al momento, pero’, di Pelle nessuna traccia. Le indagini mirano anche a stabilire se Pelle abbia goduto dell’appoggio e dell’aiuto di qualcuno per allontanarsi dall’ospedale. Ma sulla fuga di Antonio Pelle è stata aperta un’inchiesta congiunta dalla Procura i Locri e dalla Dda reggina: “L’indagine è della procura di Locri, la Dda la segue per la personalita’ di Antonio Pelle che è stato condannato a 13 anni per associazione mafiosa, porto e detenzione di armi ed e’ ritenuto il capo della cosca Pelle-Vottari. Quali misure erano state disposte, quali sono state eseguite, quali in ipotesi non sono state eseguite e’ l’oggetto dell’accertamento che sta svolgendo la procura di Locri”, ha spiegato il procuratore di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone. L’ex magistrato palermitano si dice sicuro che la liberta’ di Antonio Pelle non portera’ alla riacutizzazione della faida a San Luca. “Sono convinto – ha concluso – che i carabinieri e le forze di polizia faranno il possibile perchè questo stato di liberta’ di Antonio Pelle sia provvisorio”. Antonio Pelle, era stato arrestato il 16 ottobre del 2008 della squadra mobile di Reggio Calabria e del Servizio Centrale Operativo dopo un anno di latitanza. Il boss fu sorpreso all’interno di un bunker super-tecnologico realizzato in un capannone in costruzione nelle campagne di Ardore Marina. Il rifugio era un vero e proprio mini appartamento con tre stanze: una camera da letto, un bagno, una cucina. All’interno c’era anche un settore dove fu trovata una mini piantagione di canapa indiana. All’epoca Pelle era ricercato in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip su richiesta della Dda di Reggio Calabria nell’ambito dell’operazione Fehida condotta contro gli affiliati alle cosche di San Luca Pelle-Vottari e Nirta Strangio. Pelle e’ stato condannato in primo grado con rito abbreviato a 13 anni di reclusione. Condannato per associazione mafiosa, Pelle e’ comunque ritenuto dagli investigatori “il capo di quello schieramento che ha portato all’omicidio di Maria Strangio nel Natale del 2007 e che ha suscitato la reazione delle cosche opposte culminata con la strage di Duisburg.