L’arrivo del 2023 promette di essere portatore di importanti novità, anche dal punto di vista della gestione delle risorse pubbliche. Non solo per la Manovra finanziaria da poco approvata e che eserciterà i suoi effetti nel nuovo anno, ma anche per una “piccola rivoluzione” del piano di spesa dello Stato.
La maggioranza a guida Fratelli d’Italia ha deciso di dirottare più fondi a determinate categorie di spesa, come ad esempio sicurezza e famiglie. Ovviamente da qualche altra parte si registrerà qualche taglio.
Per determinare il cambio nel piano di spesa dello Stato, basta confrontare i resoconti e le tabelle di fine 2022 con quelli dell’anno precedente. Ciò che balza subito agli occhi è il raddoppio delle risorse destinate al potenziamento delle Forze dell’ordine e la crescita dei fondi per il contrasto della crisi energetica. Sono previste risorse aggiuntive anche per quanto riguarda due ambiti molto a cuore ai cittadini, pensioni e sanità, che risulteranno però inferiori al previsto a causa dell’aumento dei costi legato all’inflazione.
Sanità
Nel dettaglio, alla tutela della salute degli italiani sono stati dirottati 2,8 miliardi di euro, per un incremento di 700 milioni delle risorse dedicate. Aumenta anche il coinvolgimento dello Stato al finanziamento della spesa sanitaria, che sale da 86,7 a 88 miliardi.
Gran parte di questi soldi non riguarderanno prettamente l’area medica e gestionale, quanto il supporto contro i rincari dell’energia che hanno messo in ginocchio molti ospedali e strutture. Non è però tutto oro quel che luccica: scendono infatti da 596 a 539 milioni di euro le risorse dedicate alla programmazione e monitoraggio del Sistema Sanitario Nazionale, inclusa la verifica dei Livelli essenziali di assistenza.
Istruzione
Riceverà maggiori fondi anche il comparto dell’istruzione, che passano dai 50,9 miliardi del 2022 ai 51,8 miliardi di quest’anno. Una parte andrà alla categoria degli insegnanti di sostegno delle scuole superiori, mentre una frazione più contenuta sarà dirottata al reclutamento e alla formazione di presidi e docenti del primo ciclo. Anche l’Università vede un incremento dei fondi, seppur considerato insufficiente dagli addetti ai lavori.
Nel complesso la spesa statale aumenta complessivamente di 400 milioni di euro, mentre i fondi per le supplenze vanno giù di 270 milioni. “Perdono” invece circa 50 milioni di euro le riserve per gli interventi di sicurezza negli istituti statali e per l’edilizia scolastica.
Forze dell’ordine
Uno degli aumenti di spesa più corposi riguarda senza dubbio il settore delle Forze dell’ordine. Il Governo Meloni, fin dalla campagna elettorale, si è esposto molto sulla difesa e sulla sicurezza del territorio, il cui monte risorse passa da 25,5 a 27,5 miliardi di euro, mentre le risorse per la voce “Ordine pubblico e sicurezza” sale da 12,1 a 13,3 miliardi. Mezzo miliardo in più andrà al personale dei carabinieri, mentre ammonterà a 680 milioni il tesoretto destinato “all’ammodernamento, rinnovamento e sostegno delle capacità” delle Forze armate.
L’incremento più cospicuo è però relativo al contrasto al crimine e alla tutela dell’ordine e sicurezza pubblica: ben 800 milioni di euro, con raddoppio dei fondi dedicati al potenziamento della Polizia di Stato, che sale e oltre un miliardo di euro. Le spese per il personale del corpo salgono di 360 milioni, mentre saranno di quasi 100 milioni in più gli esborsi per le missioni internazionali.
Energia
Non poteva mancare il capitolo energia, che vede l’investimento sicuramente più oneroso per lo Stato. I rincari record delle bollette e la grande incertezza determinata dalla guerra in Ucraina e dalla crisi delle forniture di gas russo ha spinto il Governo a mettere sul piatto una fetta importante delle risorse preventivate: ben 20,3 miliardi di euro. Un aumento pazzesco rispetto ai fondi destinati all’energia nel 2022, pari ad “appena” 3,7 miliardi.
Tutta colpa del conflitto che, com’è noto, ha causato l’impennata insostenibile dei prezzi e la corsa ai pesantissimi interventi pubblici che hanno aumentato le uscite pubbliche. Le risorse per contrastare la stangata sulle bollette nel primo trimestre 2023 sono dettagliate alla voce “Iniziative per la decarbonizzazione, regolamentazione delle modalità di incentivazione dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili”.
Pensioni
Anche il settore delle pensioni rappresenta uno dei temi caldi sul quale l’Esecutivo ha insistito particolarmente, specie durante le settimane di “stallo” prima dell’approvazione definitiva della Legge di Bilancio. Sulla carta la maggioranza di cetrodestra sembra mantenere le promesse, prevedendo investimenti pubblici per ben 113,6 miliardi (dai 107,5 miliardi del 2022) a sostegno delle politiche previdenziali.
Se da un lato crollano i finanziamenti ai patronati, dall’altro salgono a 628 milioni di euro le risorse per la tutela previdenziale della maternità e famiglia. Con l’approvazione della Manovra 2023, uno dei due genitori potrà godere di un mese in più di congedo parentale retribuito non più al 30%, ma all’80%.
Lavoro
Registrano un aumento di fondi dedicati anche le politiche per il lavoro, alle quali andranno 18,79 miliardi contro i 17,2 miliardi dell’anno precedente. Un incremento che sarà però “mangiato” dalle politiche passive, cioè la cassa integrazione e le indennità di disoccupazione.
Per contro diminuiscono, e decisamente non di poco, le risorse destinate alle politiche attive. Si parla di un calo di 30 milioni a 1,037 miliardi di euro.
Famiglie
Arriviamo infine a un altro importante capitolo, quello delle famiglie e delle politiche sociali. Per questo settore la voce di spesa vede un incremento di 10 miliardi di euro, che saranno destinate principalmente alle politiche per l’infanzia e la famiglia.
A partire dalle norme contenute nella Manovra, tra cui spiccano l’aumento dell’assegno unico per i figli alle famiglie numerose e una riduzione dell’Iva sui prodotti per l’infanzia.
Tagli dolorosi: quali categorie riceveranno meno risorse
E veniamo al rovescio della medaglia, e cioè agli inevitabili tagli delle spese. Alcune delle voci “sacrificate” riguardano il mondo dei giovani e del Servizio civile, il disagio abitativo e il divario tra Nord e Sud Italia, nonché misure molto discusse e sotto la costante lente d’ingrandimento degli italiani come il Reddito di cittadinanza.
E partiamo proprio dal capitolo Rdc, che registra stanziamenti inferiori di ben un miliardo di euro. In attesa però dell’introduzione del promesso nuovo strumento che sosterrà solo i “non occupabili”.
Differenze territoriali
Saranno inferiori anche le risorse destinate a compensare gli squilibri territoriali tra Nord e Mezzogiorno. Nello specifico, scenderà da 15,4 a 9,7 miliardi la somma destinata alla missione Sostegno e riequilibrio territoriale, volto a “promuovere la crescita ed il superamento degli squilibri socio-economici territoriali”.
Giovani e Servizio civile
Nonostante i proclami in campagna elettorale, reiterati durante questi primissimi mesi di nuovo Governo, le politiche relative ai giovani sembrano essere state accantonate. Nel resoconto finale della Manovra si legge infatti il dimezzamento, da 410 a 205 milioni di euro, della “Incentivazione e sostegno alla gioventù”.
Per il mondo dei giovani le risorse “dirette” constano in 93 milioni di euro, mentre si abbatte una vera e propria scure sul Servizio civile nazionale. Quest’ultimo non sarà più davvero “universale” come previsto dalla riforma del 2016, con le risorse che crollano da 311 a 111 milioni di euro.
Disagio abitativo
Un altro taglio consistente riguarda il settore abitativo e urbanistico: si passa da 1,37 a un miliardo (-23% rispetto alla Manovra 2022). In particolare crollano da 240 a soli 12,6 milioni di euro gli interventi volti a ridurre il disagio abitativo.
Con la Legge di Bilancio sono scomparsi infatti i fondi destinati ai contributi affitto e alla morosità incolpevole.
Spettacolo e patrimonio culturale
Tra le voci di spesa “minori” figura infine il maxi comparto della tutela e valorizzazione dei beni e attività culturali. Sulla carta si conserva lo stesso monte risorse, pari a 3,5 miliardi di euro, ma in realtà lo spettacolo dal vivo e la tutela del patrimonio culturale perdono risorse in favore della spesa per il personale dei musei (da 298 a 369 milioni) e della “promozione del cinema italiano” (da 2,3 a 4 milioni).