L’idea di un attacco preventivo ai siti nucleari iraniani spacca il governo israeliano. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il ministro della Difesa Ehud Barak stanno cercando di convincere gli altri ministri del governo ad appoggiare l’intervento militare contro Ahmadinejad. La conferma arriva da un alto funzionario israeliano, citato dal quotidiano Haaretz. Secondo il dirigente, all’interno del governo gli oppositori a questo intervento hanno ancora “un piccolo vantaggio” sui falchi. Netanyahu e Barak, per ora, sono riusciti a convincere il ministro Avigdor Lieberman, che in precedenza si era detto contrario.
Ministri e diplomatici sono del parere che il prossimo rapporto dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), atteso per l’8 novembre, avrà un effetto decisivo sulle decisioni che il governo israeliano assumerà. Secondo Haaretz le agenzie di intelligence occidentali ritengono che l’Iran stia andando avanti con il suo programma di sviluppo nucleare, e che potrebbe dotarsi della bomba atomica nel giro di due o tre anni.
Contro l’attacco si schierano i ministri israeliani Dan Meridor e Benny Begin (Likud) che chiedono alla stampa israeliana di cessare immediatamente ogni discussione sulle implicazione di un attacco dello stato ebraico alle installazioni nucleari in Iran. Il dibattito pubblico su un eventuale attacco, ha affermato il ministro per le questioni strategiche Meridor, “non può essere svolto sotto i riflettori”. I dirigenti di Israele, ha aggiunto, hanno necessità di poter prendere le proprie decisioni in una atmosfera di riservatezza. Ma sulla stampa i ministri continuano a divedersi tra falchi e colombe. Oggi Haaretz torna sull’argomento affermando che fra i principali ministri, tre sono a inclini ad un attacco (Netanyahu, Barak e il ministro degli esteri Avigdor Lieberman) mentre quattro sono contrari (Meridor, Begin, Eli Yishai e Moshe Yaalon).
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