Nonostante il verdetto degli italiani, il tatticismo dei partiti danza sui cocci della democrazia.

Dalle urne il 24 ed il 25  è uscito fuori un verdetto chiaro e inequivocabile: basta con la politica del rigore, via i privilegi della casta, ritorno ad una democrazia partecipativa, quindi urgenza di una riforma elettorale che imponga ai parlamentari di scendere dall’Aventino su cui si sono ritirati grazie al Porcellum, rilancio dell’economia attraverso una seria politica di detassazione,obbligo per le banche di aprire i rubinetti del credito, ritorno ad una sovranità monetaria, riaffermazione del ruolo di protagonista dell’Italia in Europa. Ma nonostante il verdetto degli italiani, i partiti mi riferisco soprattutto al PD, PDL e Lega, come se nulla fosse accaduto riprendono il loro ormai sterile ed obsoleto tatticismo ,quasi un macabro ballo sui cocci di una  democrazia vilipesa e calpestata. Mentre Grillo ha le idee chiare su quello che vuole, Pdl e PD con i loro alleati sembrano essersi fermati in attesa ciascuno della mossa dell’altro. Il PD con Bersani praticamente sconfessato dal suo elettorato ed ora anche da alcune componenti del suo partito,non sembra aver bene compreso perché con l’avvicinarsi delle elezioni una piccola,ma determinante quota del suo elettorato scappa perché non si fida del proprio partito e diventa più grillina dei grillini sui temi dell’ambiente, sulla giustizia, sulla poca attenzione ad una politica verso le classi deboli, sul fisco, sul fatto che il PD è ormai il partito della grande industria e delle banche, delle liberalizzazioni selvagge di cui proprio Bersani è uno strenuo sostenitore e non si accorge che il suo elettorato sembra sentirsi più sicuro di ciò che è pubblico per quante inefficienze possa portare con sé. Per non dimenticare poi il viaggio compiuto da Bersani a pochi giorni dalle elezioni in Germania che ha suonato per molti militanti quasi come la richiesta di una sorta di lascia passare,di gradimento al governo Unno ed al suo fido alleato italiano, Prof. Mario Monti. Ma il risultato li ha accomunati in un unico inesorabile destino totale sconfitta sul piano politico ed elettorale. Sull’altro versante del centro destra abbiamo una PDL ripresa grazie al fuori classe Berlusconi che è stato capace di interpretare le domande che venivano dal suo elettorato tradizionale,recuperando il 75% dei suoi elettori che erano stanchi e disillusi dagli anni del suo Governo e dai tanti scandali dei suoi eletti, ma ha dovuto pagare un prezzo  alla Lega consegnandole la Presidenza della regione più ricca d’Italia, sulla base di un programma leghista a dir poco utopico ed a tratti allarmante per l’unità del Paese, quando si  parla di macro regione del Nord, come se l’Italia si fermasse in Val Padana. Un quadro generale del Paese,quello che esce dalle elezioni abbastanza confuso ed apparentemente senza vie d’uscita con una recessione economica che avanza, con le aziende che chiudono,con una disoccupazione che avanza e con un numero di famiglie che si avvicinano sempre di più alla soglia della povertà. Ancora una volta il gioco rientra nelle mani del Presidente della Repubblica che nonostante la sua età dovrà ancora una volta rimboccarsi le maniche e cercare di guidare il parlamento verso un accordo che permetta il varo di un governo di unità nazionale, perché solo questa è l’unica seria via d’uscita se si vuol perseguire ancora il bene del Paese e dei suoi cittadini che alla luce del loro passato glorioso meritano di sicuro miglior sorte.

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