Nordio su Salvini e Santanchè: ‘Non devono dare le dimissioni in caso di condanna e rinvio a giudizio’

Il ministro della Giustizia: Matteo Salvini e Daniela Santanchè restino al loro posto. Parole, quelle di Nordio, che arrivano pochi giorni dopo la richiesta di condanna a sei anni per Salvini, imputato nel processo Open Arms per i reati di sequestro di persona e rifiuto di atti di ufficio, e alla vigilia di un giorno delicato per Santanchè.

A Milano è in calendario l’inizio dell’udienza preliminare per la presunta truffa aggravata all’Inps per la cassa integrazione richiesta da Visibilia per 13 dipendenti durante il Covid: tra gli indagati, appunto, la ministra del Turismo e il suo compagno Dimitri Kunz, per i quali la procura di Milano ha chiesto il rinvio a giudizio, come pure per l’altro filone d’indagine, quello del procedimento per falso in bilancio la cui udienza preliminare è iniziata lo scorso 3 ottobre.

Il titolare della Giustizia non ha dubbi su ciò che dovrebbero fare Salvini in caso di condanna in primo grado e Santanchè in caso di rinvio a giudizio. «Il criterio generale» che andrebbe seguito in casi come questi, per Nordio, è nell’articolo 27 della Costituzione, «cioè la presunzione di innocenza». Perché, ha ribadito il titolare di via Arenula, «finché una persona non è oggetto di sentenza definitiva è presunta innocente».

Il ministro chiarisce il suo punto di vista,   spiegando perché, per lui, un passo indietro di fronte a una condanna non definitiva da parte di un politico sarebbe un grave errore: ‘Abbiamo assistito a decine per non dire a centinaia di indagini e anche di processi che hanno compromesso o addirittura eliminato politicamente la funzione di ministri, di sottosegretari, di parlamentari. Indagini e processi che poi si sono risolti con assoluzione». Finendo dunque nel risolversi, da un punto di vista «retrospettivo», in «una eliminazione di un avversario politico fatta per via giudiziaria, di cui nessuno peraltro si è assunto la responsabilità».

Dunque no all’ombra delle pressioni giudiziarie sulla politica, no alle dimissioni sotto minaccia giudiziaria.

Insomma, Salvini e Santanchè «da un punto di vista giuridico e formale, e anche politico, sicuramente» non devono dimettersi, ribadisce Nordio a scanso di equivoci. Altrimenti si rischia, conclude, «di devolvere alla magistratura la possibilità, l’onere o addirittura il potere di eliminare una carica che è legittimata invece dal voto popolare, e questo secondo me è irragionevole».

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