Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, le note di Barbara Lalle su ‘Zozòs’ in scena al Teatro Brancaccino di Roma fino al 18 novembre prossimo.
Fino al 18 Novembre è in scena al Teatro Brancaccino di Roma ‘Zozòs’, commedia scritta da Giuseppe Manfridi e rappresentata per la prima volta al Teatro dell’Elfo di Milano nel 1995 con la regia di Andrea Taddei. Ha avuto grande successo di pubblico e critica soprattutto all’estero a partire dall’allestimento del ‘Gate Theatre’ di Londra nel 2000, successo ripetuto nei numerosi allestimenti in Belgio, Croazia, Svizzera, Canada, Grecia e Cipro. Vale la pena ricordare in particolare l’edizione inglese del Barbican nel 2002, con attori della Royal Shakespeare Company. In Italia il merito di averla riproposta al pubblico, in diverse occasioni e allestimenti nel 1997, nel 2001, e nell’ultima versione quest’anno, è di Claudio Boccaccini. La sua regia, che a giudizio della critica è quella che mette meglio a frutto tutti gli spunti comici offerti dal testo, è diventata un classico, che “merita di essere ripreso e di entrare stabilmente nel repertorio drammaturgico nazionale” (Marcantonio Lucidi).
Il titolo, Zozòs, un termine dell’Argot parigino carico di doppi sensi che si può rendere con l’italiano “uccellini”, è già un programma e, all’apertura del sipario sulla prima scena, non si resta di certo delusi. Una signora matura e il suo giovane amante facendo l’amore “contro natura” restano incastrati, e non riescono più a staccarsi. Per tutta la durata della pièce apparentemente è questo il problema da risolvere. Apparentemente, perché lo stesso autore ha definito la commedia come una “riscrittura parodica ambientata ai giorni nostri del mito tragico di Edipo”. E infatti la comparsa in scena del terzo personaggio, il padre ginecologo del giovane, mette presto in moto la catena di rivelazioni che squarciando il velo di Maia trascina i personaggi, e noi con loro, in piena tragedia sofoclea.
Tre soli personaggi, scena fissa e minimale. Il passaggio dal tono salace delle battute boccaccesche a quello grottescamente magniloquente del dialogo serrato tra i protagonisti è affidato quasi esclusivamente alla scrittura, che riesce con perfetta fluidità e ingannevole semplicità a condurci per mano lungo l’irresistibile piano inclinato del confine che separa il comico dal tragico.
È poi alla regia che si deve la perfetta orchestrazione di tutti i mezzi disponibili per mettere in valore fino in fondo la carica satirica di una commedia che riesce a farci ridere immersi fino al collo nella più classica delle tragedie. La scenografia giocata su due soli colori, rosso e crema; la musica e le luci che intervengono con perfetta discrezione e insieme con assoluta chiarezza a sottolineare i momenti clou della pièce; i movimenti di scena e la mimica degli attori usati come virtuali evidenziatori del testo. Ed è alla bravura degli attori – Siddhartha Prestinari, Riccardo Bàrbera, Paolo Roca Rey – che si deve il ritmo incalzante e calibratissimo, la straordinaria naturalezza degli accenti parodisticamente melodrammatici dei dialoghi/monologhi dei personaggi.
Un testo intelligente e raffinato, un cast alla sua altezza, una regia sensibile ed efficace. Gli ingredienti per uscire dal teatro spettatori felicemente soddisfatti ci sono tutti.
ZOZÒS
di Giuseppe Manfridi
con Siddhartha Prestinari, Riccardo Bàrbera, Paolo Roca Rey
Regia Claudio Boccaccini
Aiuto regia Eleonora Di Fortunato
Assistente alla regia Ilaria Serantoni
Musiche Massimiliano Pace
Barbara Lalle