Il Premier è tornato ad annunciare DPCM con cadenza settimanale, tornando a occupare la programmazione delle reti televisive nazionali. L’ultima comparsa era attesa per la tarda serata di ieri, per annunciare il nuovo DPCM. Appuntamento però rimandato per la “rivolta” delle Regioni.
Nella serata di ieri, sabato 24 ottobre, pochi minuti prima della firma e dell’annuncio del nuovo Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, la “Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome” ha fatto recapitare una missiva a Palazzo Chigi per chiedere un rinvio. Secondo i Presidenti delle 20 Regioni italiane, infatti, le misure contenute nella bozza di DPCM ottobre discussa nelle ultime ore richiedono ancora dei chiarimenti.
In via generale – si legge nella missiva – si fa rilevare la necessità di prevedere adeguate forme di ristoro per i settori e le attività economiche interessate dalle limitazioni introdotte dal provvedimento in oggetto, mediante la contestuale attivazione di specifici tavoli di confronto con i Ministeri Competenti.
Nella stessa lettera, firmata dal Presidente della Conferenza Stefano Bonaccini, è presente una lista di proposte per rendere più efficaci le misure previste nel nuovo DPCM ottobre. Nello specifico, le regioni italiane chiedono:
- L’estensione della didattica a distanza fino al 100% per le scuole superiori e università;
- Destinare i tamponi solamente ai sintomatici e ai contatti stretti su valutazione dei Dipartimenti di prevenzione;
- Prevedere l’orario di chiusura per i ristoranti alle 23.00 con solo servizio al tavolo e alle 20.00 per i bar con eccezione per gli esercizi che possono effettuare servizio ai tavoli. Eliminare l’obbligo di chiusura domenicale;
- Prevedere nel fine settimana la chiusura dei centri commerciali, a eccezione degli alimentari e delle farmacie;
- Eliminare dall’articolo 1, comma 6 lettera f) il riferimento agli impianti sciistici.
Inoltre, dalla Conferenza delle Regioni arriva inoltre la richiesta di valutare la chiusura relativa a palestre, piscine, centri sportivi, cinema e teatri anche valutando i dati epidemiologici di riferimento.