Chiara Braga e Francesco Boccia sono i nuovi capigruppo alla Camera e al Senato. I due sono stati eletti per acclamazione dai deputati e dai senatori Pd riuniti con la segretaria Elly Schlein, che ha proposto entrambi i nomi e ha portato avanti la sua linea, nonostante i mal di pancia che si sono fatti sentire per i corridoi del Nazareno.
Dunque, senatori e deputati dem hanno votato i «suoi» candidati: quelli proposti e voluti dalla segretaria Elly Schlein. Con buona pace dei predecessori “rimpiazzati” che, prima di congedarsi, hanno voluto togliersi qualche sassolino dalla scarpa. Come Debora Serracchiani, che intervenendo al gruppo Pd della Camera, non ha mancato di sottolineare che: «Quello di oggi è un passaggio importante e delicato. Nei mesi alle nostre spalle, dopo la sconfitta politica che ci ha fatto lavorare in un contesto di debolezza, l’azione in Parlamento ha fatto da faro. L’autonomia dei gruppi va tutelata e salvaguardata sempre. Anche perché rende più forte il partito».
L’autonomia dei gruppi riporta in auge l’annosa questione delle correnti in seno del Pd. Non a caso, anche la dimissionaria Simona Malpezzi, Presidente dei senatori del Pd, dopo aver polemizzato più che nel merito, sul metodo delle scelte, congedandosi dai suoi ha rilanciato a sua volta un appello all’unità. «È fondamentale garantire autonomia e libero spazio di discussione all’interno del gruppo. Dobbiamo tutelare questi spazi di autonomia. La segretaria Schlein ci ha chiesto la fiducia necessaria per lavorare tutti insieme: condivido e aggiungo che questa fiducia deve essere reciproca, perché non ci conosciamo ancora e dobbiamo darci il tempo. Serve la volontà di conoscersi e riconoscersi nelle differenze».
La neo-eletta capogruppo Pd alla Camera, Chiara Braga chiede una sollecitazione all’unione e alla condivisione: «Il congresso è finito: ora abbiamo una nuova leadership e una nuova forza – ha dichiarato la dem raccogliendo il testimone della Serracchiani –. Ora è il tempo di lavorare uniti. Abbiamo una linea politica chiara e riconoscibile che è quella che ci viene dal Congresso, e che come gruppo, nel pieno rispetto della nostra autonomia, dobbiamo sapere interpretare».
Pluralismo e differenze, parole molto generiche che in realtà nascondono una frammentazione di orientamenti e di intenti che ora, nel nuovo corso di un Pd che doveva abolire le correnti, fa spazio a una nuova componente: quella di una corrente che punta a stroncare il peso delle correnti…
Enrico Letta, auto-ribattezzato neo-ulivismo che con i suoi fautori, come scrive Il Foglio, «si sono autoappellati neoulivisti. Sono i parlamentari vicini all’ex segretario che sabato hanno disertato la riunione via Zoom convocata da Stefano Bonaccini con gli eletti alle Camere che hanno sostenuto la mozione del governatore emiliano al congresso dem».
Alla fine la sinistra resta sempre lì, impigliata tra voglia di sinistra e desiderio riformista, senza il quale non si procede in nessun senso. E se lo sfaldamento della mozione Bonaccini sembra rafforzare i poteri di Schlein, la segretaria si trova di fatto ad avere un’altra componente con cui fare i conti: l’ennesima corrente.
Il Corriere della sera che, non a caso, sul punto scriveva: «Costituire una nuova corrente a un mese dal congresso significa trattare per conto proprio con la nuova segretaria, senza passare per Bonaccini o per le componenti che sostengono il presidente Pd. Come «Base riformista» di Lorenzo Guerini, o «i Giovani turchi» di Matteo Orfini».
La Schlein adesso ha una corrente in più con cui dover trattare e con cui fare i conti.