Il testo di riforma che prenderà il via da Palazzo Madama in qualche punto differisce da quello presentato dal governo il 12 marzo scorso. Nel disegno di legge costituzionale c’è l’introduzione di una corsia preferenziale alla Camera per l’approvazione, nei tempi certi di 60 giorni, dei provvedimenti ritenuti prioritari dal governo. Maria Elena Boschi, ministro delle Riforme, premette che il testo non è definitivo, anche perché il lavoro da svolgere con Comuni e Regioni è in corso d’opera. Informa poi che il nuovo organismo si chiamerà “Senato delle autonomie”. Il numero di senatori sarà di 148, di cui 21 nominati dal presidente della Repubblica, con gli stessi criteri usati per la nomina dei senatori a vita. Resteranno in carica per sette anni e senza indennità. Maurizio Gasparri, ad esempio, dice che in questo punto la riforma è inaccettabile, così come definisce un obbrobrio che i membri del nuovo Senato siano non eletti ma designati dai consigli regionali. Melina? Gioco politico per rilanciare la sfera? Gasparri, infatti, vuole ridare la parola ad i cittadini e rilancia richiedendo l’elezione diretta del Capo dello Stato. Naturalmente si può considerare il tutto una provocazione per giungere ad una modifica del testo. Ritornando alla riforma, la Boschi informa che i restanti 127 senatori arriveranno dai comuni e dalle Regioni. Governatori delle Regioni, i presidenti delle province di Trento e Bolzano, i sindaci dei comuni di capoluogo. Ogni regione eleggerà poi due consiglieri regionali e due sindaci che resteranno in carica fino alla fine del loro mandato locale. Il nuovo Senato non darà la fiducia al governo ed avrà competenze solo su ciò che riguarda il mondo delle autonomie. Ratificherà poi i trattati internazionali. Sono stati introdotti anche meccanismi per esprimere, a maggioranza assoluta, proposte di modifica delle leggi approvate dalla Camera. La Camera in tal caso potrà dire no, ma sempre se ciò avvenga a maggioranza assoluta. Verrà cancellata poi la figura costituzionale dei delegati regionali che partecipavano all’elezione del Capo dello Stato. Al Senato resterà il potere di mettere in stato d’accusa il presidente della Repubblica ed eleggere un terzo dei membri del Csm. Per quanto riguarda i giudice costituzionali si prevede che tre giudici siano nominati dalla Camera e due dal nuovo Senato. Il nuovo Senato non avrà più il potere d’inchiesta parlamentare che resterà in capo alla sola Camera.
Roberto Cristiano