Confermata, anche se con parecchi giorni di ritardo, la notizia della contaminazione in Russia, e anche in Europa, per opera dell’isotopo radioattivo Rutenio-106.
L’allarme da noi è arrivato dieci giorni fa, quando il quotidiano britannico ‘The Guardian’, citando l’agenzia per la sicurezza nucleare francese Irsn, parlò per la prima volta di una nuvola di inquinamento radioattivo arrivata sopra l’Europa. ‘C’è stato un incidente nucleare in Russia o in Kazkistan l’ultima settimana di settembre’, era la considerazione.
E solo in questo momento il servizio meteorologico russo ha confermato la presenza alla fine del mese di settembre di concentrazioni ‘estremamente alte’ dell’isotopo radioattivo Rutenio-106 in alcune zone del Paese.
La concentrazione più elevata – un livello 986 volte superiore alla radiazione naturale di fondo – è stata registrata dalla stazione meteorologica di Argayash, nella regione di Chelyabinsk, a una trentina di chilometri dal sito nucleare di Mayak, già teatro nel 1957 di un grave incidente e utilizzato oggi come impianto di riprocessamento del combustibile esaurito.
Tornando alla situazione in Europa, l’Irsn aveva rilevato tracce di Rutenio-106 in territorio francese fra il 27 settembre e il 13 ottobre: la fonte della contaminazione – non a livelli pericolosi per la salute – era stata identificata in un punto compreso fra il Volga e gli Urali.
L’ente nucleare russo, Rosatom, aveva dichiarato all’epoca che i livelli radioattivi attorno all’intera infrastruttura nucleare russa sono nella norma e al livello della radiazione di fondo.
Il Rutenio-106 non esiste in natura ed è prodotto dalle reazioni nucleari all’interno di un reattore.