Il nuovo decreto Covid estende l’obbligo di vaccino anti-Covid a nuove categorie di lavoratori. Ecco a quali e quali sanzioni scattano
Come sappiamo, il Consiglio dei Ministri del 24 novembre ha dato il via libera al decreto legge che rafforza le misure anti-Covid.
Cosa cambia con il nuovo decreto Covid
Il testo prevede una serie di misure di contenimento della quinta ondata della pandemia Covid (non quarta a ben guardare, perché da noi la pandemia è arrivata prima) in quattro ambiti:
estensione dell’obbligo vaccinale a nuove categorie
istituzione del green pass rafforzato, ribattezzato come super green pass
terza dose disponibile per tutti i maggiorenni dal 1° dicembre
rafforzamento dei controlli e campagne promozionali sulla vaccinazione.
Secondo le nuove disposizioni, solo le persone vaccinate o guarite possono ottenere il cosiddetto super green pass, che sarà valido in tutto il Paese, anche in zona bianca, a partire da lunedì 6 dicembre.
L’accesso a eventi sportivi, spettacoli, bar e ristoranti al chiuso, ma anche a feste e discoteche, è consentito solo ai possessori del green pass “rafforzato”. Anche la zona gialla cambia, perché vengono meno alcuni divieti: per i luoghi pubblici il super green pass si applica allo stesso modo sia in zona bianca che gialla
Obbligo vaccino al lavoro: quando non scatta
Mentre giunge anche in Italia la nuova variante sudafricana Omicron, in generale per andare al lavoro, se non si è vaccinati, è sufficiente un tampone negativo, rapido o molecolare, che consente di rilasciare immediatamente un green pass valido per 48 ore (nel caso del test antigenico rapido) o 72 (nel caso del molecolare).
Tuttavia, non è così per tutte le categorie di lavoratori. Per alcuni, considerato il ruolo che ricoprono e il contesto in cui operano, dal 15 dicembre scatta l’obbligo di vaccinarsi.
Obbligo vaccino al lavoro: quando scatta e per chi
Una delle novità più interessanti del nuovo decreto Covid è proprio l’imposizione dell’obbligo della terza dose di vaccino (qui i possibili effetti collaterali) ai soggetti per i quali la legge già prevedeva l’obbligo di vaccinazione, cioè per i sanitari e gli operatori delle RSA, le residenze per anziani (qui chi deve prenotare la terza dose e come fare in ogni Regione).
L’estensione ha validità a decorrere dal 15 dicembre prossimo ed esclude la possibilità di essere adibiti a mansioni diverse.
Inoltre, viene esteso l’obbligo vaccinale a ulteriori categorie, sempre a decorrere dal 15 dicembre. Ecco chi dovrà necessariamente vaccinarsi entro il 15 dicembre per poter continuare a lavorare:
personale amministrativo della sanità
docenti e personale amministrativo della scuola
militari
forze di polizia, compresa la polizia penitenziaria
personale del soccorso pubblico.
Si tratta di una decisione che il governo ha cercato di scongiurare in tutti i modi, ma che alla fine ha dovuto imporre per salvaguardare la salute pubblica.
Perché l’obbligo di vaccinarsi a insegnanti e operatori della scuola
Il discorso vale anche e soprattutto nella scuola, dove insegnanti e personale ATA sono costantemente a contatto con i bambini, fascia d’età tra le più colpite dai contagi nelle ultime settimane, e peraltro ancora scoperta dal vaccino: la campagna vaccinale anti-Covid per i bambini tra i 5 e gli 11 anni potrebbe partire già prima di Natale, forse il 23 dicembre (qui trovate tutte le info sui vaccini ai bambini e i possibili effetti collaterali riscontrati fino ad oggi).
Il mondo della scuola resta uno degli zoccoli duri no vax. Per quanto la stragrande maggioranza degli insegnanti italiani si sia vaccinata subito e senza alcun problema, rimane una delle categorie più difficili da convincere. Non a caso anche l’ANIEF è scesa in campo: il sindacato sta raccogliendo preadesioni per presentare ricorso al TAR del Lazio, chiedendo l’annullamento e la disapplicazione della norma che impone l’obbligo vaccinale per il personale scolastico.
Molti no vax fanno leva sulla presunta incostituzionalità dell’obbligo vaccinale, che però non sussiste, anzi: in caso di necessità di tutela della salute pubblica, i vaccini possono essere imposti, a tutti o soltanto ad alcune categorie di soggetti o lavoratori.
Per spiegare meglio il punto il governo ha inserito nella relazione illustrativa che accompagna il decreto alcune sentenze della Consulta e del Consiglio di Stato, che dimostrano come la decisione sia assolutamente contemplata dalla Costituzione.
“Quanto alla previsione dell’obbligo vaccinale – si legge nel documento – va considerato che il bene della tutela della salute, quale ‘fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività’, è ontologicamente dualista, rilevando, da un lato, nella sua accezione individuale e soggettiva e, dall’altro, nella sua dimensione sociale e oggettiva”.
Nel documento si cita anche la sentenza n. 218 del 1994 della Corte Costituzionale, che stabilisce che il diritto alla tutela della salute porta con sé “il dovere dell’individuo di non ledere né porre a rischio con il proprio comportamento la salute altrui, in osservanza del principio generale che vede il diritto di ciascuno trovare un limite nel reciproco riconoscimento e nell’eguale protezione del coesistente diritto degli altri”.
Secondo lo stesso principio, viene anche richiamato l’articolo 32 della Costituzione, secondo cui “i trattamenti sanitari obbligatori debbono essere funzionalizzati alla ‘tutela della salute’ (da intendersi quale diritto dell’individuo alla propria salute) ‘e’ come ‘interesse della collettività’ (vale a dire interesse della collettività alla salute collettiva)”.
Cosa succede a chi ha l’obbligo di vaccinarsi se non lo fa: le sanzioni
Ma cosa succede a chi ha l’obbligo di vaccinarsi se non lo fa? Nei casi in cui, dopo i dovuti controlli, dovesse risultare che un soggetto non abbia effettuato la vaccinazione anti-Covid, o non abbia presentato la richiesta di vaccinazione secondo le modalità stabilite nell’ambito della campagna vaccinale in atto, il soggetto interessato dovrà produrre, entro 5 giorni dalla ricezione dell’invito:
la documentazione comprovante l’effettuazione della vaccinazione, o
il differimento della vaccinazione, o
l’esenzione dalla vaccinazione rilasciata da un medico abilitato, o
la presentazione della richiesta di vaccinazione da eseguirsi in un termine non superiore a 20 giorni dall’invito, o
comprovare l’insussistenza dei presupposti per l’obbligo vaccinale.
Qualora l’interessato dimostri di avere effettuato la richiesta di vaccinazione, deve trasmettere immediatamente, e comunque non oltre 3 giorni dalla somministrazione, tutta la certificazione attestante l’adempimento all’obbligo vaccinale.
In caso di mancata presentazione della documentazione, scatta per il lavoratore l’immediata la sospensione dal lavoro, tuttavia senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro.
La sospensione è efficace fino alla comunicazione da parte dell’interessato dell’avvio e del successivo completamento del ciclo vaccinale primario o della somministrazione della dose di richiamo, e comunque non oltre 6 mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legge approvato il 24 novembre.
Per il periodo di sospensione dal lavoro non sono dovuti la retribuzione, né altro compenso o emolumento, comunque denominati.
Oltre alla sospensione dal lavoro, chi non adempie all’obbligo vaccinale viene punito con una sanzione amministrativa pecuniaria pari a una somma che può andare da 400 a 1.000 euro. La sanzione raddoppia in caso di reiterazione della violazione.