Studiare in Italia ‘gonfia’ il bagaglio culturale, ma non il portafogli. Sempre meno laureati, infatti, hanno un’occupazione adeguata al titolo di studio conseguito. Una realtà che scoraggia i giovani italiani, sempre meno interessati a frequentare l’università. A rivelarlo è lo studio ‘Education at a glance’ dell’Ocse. Secondo i dati dell’organizzazione parigina, la differenza di remunerazione nel lavoro tra chi ha una laurea e chi ha solo un diploma in Italia si sta inesorabilmente riducendo: tra i lavoratori ‘senior’ (55-64 anni) chi ha un titolo universitario guadagna in media l’8% in più di chi ne ha uno secondario superiore, ma tra i lavoratori under 35 questa differenza scende al 22%. L’Ocse fa sapere inoltre che tra il 2003 e il 2009, la percentuale di quelli che puntano a ottenere una laurea è scesa di 11 punti, dal 52,1% al 40,9%. Parallelamente, l’aumento del tasso di ingresso all’università, che era stato rilevante nei primi anni del 2000, si è arrestato: dal 39% del 2000 la percentuale di giovani suscettibili di iscriversi a un percorso di formazione accademica era balzata al 50% nel 2002 e al 56% nel 2006, ma è poi riscesa al 48% nel 2011.
Buone notizie invece sul fronte ‘scuola’. Nonostante “dieci anni di austerità, una spesa per studente sostanzialmente ferma tra il 1995 e il 2010 e un aumento del numero di alunni per docente, la scuola italiana continua a garantire performance stabili in materia di apprendimento”.L’Ocse promuove quindi i docenti italiani, sottolineando inoltre che il nostro Paese “è l’unico Paese dell’area Ocse che dal 1995 non ha aumentato la spesa per studente nella scuola primaria e secondaria”, cresciuta di appena lo 0,5% in termini reali su 15 anni, contro una media che supera il 60%.
Spesa studenti ferma da 15 anni. Tuttavia, la spesa per studente italiana resta comunque appena superiore alla media Ocse per le scuole primarie, e in linea con la media per le secondarie. La situazione è opposta, invece, per l’istruzione universitaria, dove l’Italia ha aumentato la spesa complessiva per studente del 39%, contro una media Ocse del 15%. “Il merito di questo risultato, sottolinea il rapporto, è però ampiamente riconducibile a un incremento dei finanziamenti provenienti da fonti private, e non dei fondi pubblici destinati al settore”. Inoltre, nonostante l’aumento, la spesa per studente universitario in Italia resta inferiore alla media (9.580 dollari contro 13.528). Tra il 2005 e il 2010 inoltre, scrive sempre l’Ocse, sono stati “conseguiti risparmi nei settori dell’istruzione primaria e secondaria di primo grado aumentando il numero di studenti per insegnante”, in particolare attraverso “un moderato aumento del numero di ore annue di insegnamento’” per i docenti, e “una simultanea diminuzione delle ore di istruzione per gli student”. Tale cambiamento, sottolinea l’organizzazione parigina, non ha “compromesso i risultati dell’apprendimento”, misurati dai test Pisa, che restano “stabili nelle competenze di lettura (rispetto al 2000) e sono migliorati significativamente in matematica (dal 2003) e in scienze (2006)”.
Docenti italiani più anziani e meno pagati dell’Ocse. Nonostante la grande professionalità dei docenti italiani, i nostri insegnanti sono i meno pagati dell’Ocse, oltre ad essere i più anziani. “L’Italia dispone del corpo insegnante più anziano tra i Paesi dell’Ocse”, spiega lo studio, secondo cui nel 2011, il 47,6% dei maestri elementari, il 61% dei professori delle medie inferiori e il 62,5% di quelli delle superiori aveva più di 50 anni. Inoltre, dice ancora l’Ocse, “negli ultimi anni un numero relativamente limitato di giovani adulti è stato assunto nella professione di insegnante”. Sul fronte della retribuzione, i docenti italiani percepiscono salari che “tendono a essere inferiori rispetto alla maggior parte dei Paesi dell’Ocse”. Tale differenza è limitata a inizio carriera (29.418 dollari per un prof italiano, contro 31.348 di media dei 34 membri dell’organizzazione), ma si amplia con il procedere dell’esperienza lavorativa (36.928 dollari per un prof italiano con 15 anni di anzianità, contro 41.665 di media Ocse).