Il Polverificio di Scafati
Oggetto di lunghi lavori di restauro, il Polverificio di Scafati sorse per volontà di Ferdinando II e la sua storia si intreccia con quella della rettifica del basso corso del fiume Sarno.
Il punto di partenza è il polverificio di Torre Annunziata, sorto nel 1653 su iniziativa del vicerè Inigo Velez de Guevara y Taxis, conte di Onate, che spostò attività precedentemente svolte nell’area di Porta Nolana, divenute pericolose per l’area urbana densamente popolata. Questa Real Fabbrica di Polveri e Nitri sorse in un edificio di proprieta di Pompeo Colonna che, coinvolto nella rivolta di Masaniello, era morto senza eredi in esilio ed il suo patrimonio era stato incamerato dal Regio Fisco. Lo stabilimento di Torre Annunziata conobbe due secoli di attività e vi operarono il Marchese Vito Nunziante ed il capitano di vascello William Robinson, grande esperto di artiglieria, balistica ed ingegneria meccanica. Qui si sperimentò la produzione di “polveri inglesi” ottenendo con successo un polvere da sparo di qualità superiore a quelle già in uso nel Regno. Diversi incidenti però indussero Ferdinando II a ordinare la delocalizzazione delle attività a Scafati. Torre Annunziata chiuse i battenti nel gennaio del 1857: incorporata nella fabbrica d’armi, l’area del vecchio polverificio fu destinata poi allo Stabilimento Militare Spolette.
A Scafati lavorò il figlio di Vito Nunziante, Alessandro, che, coadiuvato dall’architetto Luigi Manzella e dal chimico Filippo de Grandis, realizzò il nuovo opificio. L’idea era non solo quella di produrre polveri per l’uso dell’esercito napoletano ma anche per la commercializzazione internazionale.
La componente architettonica principale, l’edificio amministrativo del polverificio e la piccola Chiesa di Santa Barbara, per lungo tempo sopravvisssuti in un deprecabile stato di abbandono, si devono dunque all’architetto Manzella e non a Vanvitelli come altri hanno asserito. Un Reale Rescritto del 31 dicembre del 1851 approvava il progetto e stanziava un primo finanziamento di 36mila ducati. Quando Nunziante fu esonerato dall’incarico nel 1885, il Polverificio passò alle dipendenze del Ministero delle Finanze. Due anni dopo entrò in produzione sotto la direzione di Giuseppe Bonucci.
Contemporaneamente alla costruzione del Polverificio, sin dal 1854, si erano imposti dei lavori di rettifica del tortuoso basso corso del fiume Sarno per consentire alle barche di una certa dimensione di trasportare al mare la polvere da sparo attraverso un tragitto lineare, eliminando così il rischio connesso al transito nei centri abitati. L’11 maggio del 1855 veniva altresì istituita quell’Amministrazione generale delle bonificazioni, diretta da Giacomo Savarese, che avrebbe lavorato all’eliminazioni delle aree paludose ed alla costruzioni di canali di convoglio delle acque fluviali e piovane.
Una lapide del periodo borbonico ricorda ancora un intervento di ammodernamento degli edifici. Vi si legge: ” Francesco II / Pio Felice sempre Augusto / affinchè nulla mai mancasse ai nuovi edifici lignei / iniziati o decretati / dall’illustro sommo genitore per la commistione della polvere da sparo / fece erigere le baracche dei miscelatori le officine / per la raffinazione delle materie prime e una caserma / predisposta a presidio militare / e avendole portate a compimento le consegnò per l’uso / nell’anno del suo regno 1860″.
L’importanza della Regia Polveriera di Scafati, data dai suoi complessi macchinari, all’avanguardia per l’epoca, continuò dopo il 1860. Di fatti questa struttura, assieme a quella di Fossano, fornì le polveri per l’esercito e la marina italiane fino al 1894, quando se ne decise la chiusura. Nell’1895 subentrò nell’edificio l’Istituto Sperimentale per i Tabacchi perchè s’era ormai deciso di dare vita ad un nuovo stabilimento a Fontana del Liri dove furono trasferiti gli opera di Scafati e di Fossano.
Fonte: Angelo D’Ambra