Partito stamattina il referendum sulla Brexit. Avverte il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker: ‘Un voto ‘fuori è fuori’ dall’Ue, quindi voglio dire agli elettori britannici che non ci sarà nessun altro tipo di negoziato dopo quello già concluso a febbraio con l’Ue, dove il premier David Cameron ha ottenuto il massimo di quello che poteva avere e noi abbiamo concesso il massimo di quello che potevamo dare. E’ dall’inizio della campagna elettorale che difendo il punto di vista che abbiamo bisogno di un accordo giusto ed equo con la Gran Bretagna, ed è quello che abbiamo fatto al vertice Ue di febbraio. La Commissione Ue non gioca un ruolo nel voto di oggi ma è una cosa buona che la Gran Bretagna resti nell’Ue. Bisogna però vedere il risultato delle urne, ha aggiunto cauto, rifiutandosi di aggiungere altro alle domande in caso di voto finale a favore della Brexit. Nigel Farage afferma che oggi sarà un ‘independence day’ per i britannici e sostiene che il processo di dissoluzione dell’Unione è inarrestabile. Contrattacca David Cameron, leader non ufficiale dei Remain: ‘E’ una assurdità parlare di ‘’independence day’’. Cameron ha criticato il leader dell’Ukip Nigel Farage e l’ex sindaco di Londra, il conservatore Boris Johnson, che nei loro ultimi comizi in favore del divorzio da Bruxelles hanno evocato per oggi un giorno dell’indipendenza per il Regno Unito dall’Europa. Cameron ha affermato che il Paese è pienamente sovrano e questa consultazione popolare ne è la riprova. ‘Voglio restare in Europa per cambiarla’, ha detto il leader laburista Jeremy Corbyn nel suo ultimo intervento prima del referendum di oggi sulla Brexit: ‘L’Unione ha bisogno di molte riforme che però queste si devono fare dall’interno. Bruxelles garantisce già i ‘diritti di base’, a partire da quelli per i lavoratori’. In caso di Brexit, l’ipotesi più semplice per il Regno Unito sarebbe unirsi all’Islanda o alla Norvegia come membro dello Spazio Economico europeo, in modo da avere accesso al suo mercato interno. Oppure potrebbe scegliere il modello della Svizzera, che ha concluso più di un centinaio di accordi di settore con l’Unione. Tra le altre opzioni, un accordo di libero scambio con l’Ue o un’unione doganale come con la Turchia. In assenza di un accordo il Regno Unito diverrebbe semplicemente, dalla data di recesso, un Paese terzo nei confronti dell’Ue, come gli Usa o la Cina. La Brexit rimane un’incognita non solo politica, ma anche economica e finanziaria. Molti economisti e istituzioni concordano sul fatto che nel breve termine l’economia britannica ed europea subirebbe un danno. I pareri su quello che potrebbe succedere, però, non sono unanimi. Al di là delle turbolenze dei mercati, molte delle conseguenze, anche sui risparmiatori, dipenderebbero dal comportamento delle banche centrali. Tra gli scenari possibili c’è il crollo della sterlina e un rialzo dei tassi a catena, mutui e prestiti più cari anche in Ue, spread in salita, recessione. Si potrebbe registrare, se i trattati fossero molto punitivi, una diminuzione delle esportazioni nel Regno Unito. Un danno, quindi, anche per l’Italia, che è tra i principali partner commerciali del Paese. I mercati sussulteranno, la sterlina accuserà il colpo, le banche centrali e i governi si terranno in stretto coordinamento. Ma la mattina di domani se vinceranno i ‘leave’ non scatterà l’ora ‘x’. L’Europa diventerà a 27 (dai 28 membri attuali) solo sulla carta e inizierà un lungo e complicatissimo processo che potrebbe portare al vero e proprio Brexit addirittura dieci anni dopo. Per capire questo meccanismo è necessario analizzare passo dopo passo cosa accadrà dopo la chiusura dei seggi britannici. Smascherando qualche mito e scoprendo qualche sorpresa. Attivato l’articolo 50 comincerebbe il negoziato per l’uscita del Regno Unito e, probabilmente, verrebbe gestito dalla Commissione Ue su mandato del Consiglio. Spetterebbe a quest’ultimo e al Parlamento Ue dare o meno l’ok all’accordo. Se dopo due anni non fosse stata raggiunta l’intesa, o il Regno Unito cesserebbe di colpo di essere membro o, dopo decisione unanime degli altri Stati, potrebbe avere più tempo per chiudere. Un Paese uscito, comunque, può chiedere di aderire di nuovo all’Unione. Uscire dall’Ue è una procedura lunga e complicata quindi, se la Brexit diventasse realtà, nei giorni immediatamente successivi cambierebbe poco o nulla. Londra, tra le prime cose, dovrebbe modificare la sua legislazione nazionale per rimpiazzare la tante leggi derivanti dalla sua partecipazione all’Ue, a cominciare dal settore della finanza. Uno dei principali problemi da affrontare, poi, sarebbe la riscrittura dei trattati che regolano i rapporti tra Regno Unito e il resto dell’Unione.
Roberto Cristiano