French director Olivier Assayas attends the 14th annual Rome Film Festival, in Rome, Italy, 24 October 2019. The film festival runs from 17 to 27 October. ANSA/ETTORE FERRARI

Olivier Assayas, la pandemia cambierà il cinema e noi stessi

Una lezione di cinema e di vita quella che Olivier Assayas, regista francese e figlio d’arte classe 1955, ha regalato nell’incontro stampa in remoto con il Festival del Cinema Europeo di Lecce che gli ha conferito l’Ulivo d’Oro. Estremamente colto, multilingue, appassionato d’arte, letteratura e oriente, Assayas, già critico cinematografico (lo è stato per i Cahiers du Cinéma) e poi autore di film come SUMMER HOURS, SILS MARIA e PERSONAL SHOPPER, si intrattiene su tutto e ha anche la sua personale ricetta, lui che sta scrivendo un film sulla pandemia, sul cinema del futuro.

“La crisi del cinema è stata sicuramente accelerata dal lockdown, ma non bisogna fare troppa confusione. Sono convinto – ha detto- che, quando finirà tutto, i giovani torneranno al cinema anche se forse con modalità diverse. Il cinema insomma dovrà ridefinirsi, non sarà più come prima. Ci sarà un periodo di reinvenzione collettiva e individuale”. Per quanto riguarda la creatività la pandemia e il lockdown, ha spiegato Assayas: “sono stati sicuramente un fattore di accelerazione della trasformazione contemporanea del mondo. La gente oggi è in qualche modo più lucida e allo stesso tempo dipendente dai sistemi di comunicazione moderna. Pensate solo a questa conferenza stampa su Zoom impensabile solo un anno fa. E poi – ha aggiunto il regista che parla in perfetto italiano – la creatività in termini di scrittura, pittura e musica ha avuto un suo trionfo in questo periodo in cui gli artisti hanno dedicato più tempo alla loro arte. Ci siamo comunque dovuti confrontare con qualcosa di sconosciuto, di storicamente inedito che ha fatto sì che ognuno debba reinventarsi”. Il regista, che sta attualmente lavorando per la HBO a una serie tv in otto puntate ispirata al suo IRMA VIP (“l’unica frustrazione è che non si veda sul grande schermo”) parla poi del suo rapporto con l’Italia: “Mio padre (Raymond Assayas, sceneggiatore francese ebreo di origini turche, ndr.) mi ha iniziato da ragazzo alla pittura classica italiana facendomi vedere le opere di Piero della Francesca e Giotto. E, pur essendo di cultura francese, anche sul fronte del cinema sono stato influenzato più dai registi italiani che dai francesi. Penso ad autori come Pasolini, Visconti, Rossellini e Antonioni”. Sui recenti avvenimenti di terrorismo di matrice islamica in Francia, ha detto: “Sono in difficoltà nel rispondere a questo tipo di domande, ma una cosa è certa: sono stato molto colpito dalla strage al settimanale Hebdo nel 2015. Questi disegnatori sono stati un po’ l’incarnazione di tutta la mia gioventù. Secondo me la cosa più importante è la libertà di pensare e d’espressione, due cose davvero irrinunciabili”. Il significato di tutta la sua opera segnata da grande eclettismo? “Ho sempre visto tutti i miei film solo come un modo guardare al mondo con modalità diverse e da prospettive diverse. Insomma – ha concluso Assayas – di fronte alla complessità del mondo ho cercato risposte specifiche a domande universali”.

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