Garlasco: oggi la sentenza della Corte

Ancora una volta, il sostituto procuratore generale di Milano, Laura Barbaini, ha ribadito la  sua richiesta di condannare a trent’anni di carcere per omicidio volontario aggravato dalla crudeltà Alberto Stasi, nel corso del processo d’appello per il delitto di Garlasco. Infatti, per il pg, l’ex studente bocconiano è  colpevole ‘al di la’ di ogni ragionevole dubbio’. In subordine a una sentenza di condanna, Barbaini ha chiesto di rinnovare il dibattimento. E, in questa prospettiva, ha insistito molto sulla necessità di svolgere accertamenti sui due gradini all’inizio della scala dove fu trovato il corpo di Chiara Poggi, definiti dal pg “il fulcro dell’omicidio”. Quei due gradini, fortemente imbrattati di sangue, non sono stati analizzati nelle perizie effettuate durante il primo grado per valutare se Alberto potesse non sporcarsi le suole delle scarpe col sangue della vittima, camminando sul pavimento di casa Poggi.
Dopo la rappresentante dell’accusa, ha preso la parola il legale di parte civile per la famiglia Poggi, l’avvocato Gian Luigi Tizzoni, che si è associato alle richieste di condanna o, in subordine, di nuove perizie fatte dal pg. L’ultima parola spetta adesso ai legali di Alberto, poi inizierà la camera di consiglio.

Per l’accusa e la parte civile, Alberto Stasi è colpevole “al di là di ogni ragionevole dubbio”, per la difesa va assolto con formula piena. A dividerle ci sono indizi, nessuna prova regina, in un processo che, comunque finisca, non dissipera’ completamente i dubbi nell’opinione pubblica su quanto accadde la mattina del 13 agosto 2007 a Garlasco.

Il pg Laura Barbaini ha inoltre riletto in una prospettiva diversa gli indizi che il giudice di primo grado, Stefano Vitelli, aveva considerato “insufficienti e contraddittori” per una condanna, portando un unico elemento inedito: il messaggino inviato da Alberto la notte prima del delitto a un amico, poi cancellato, che segnalerebbe “un’emergenza”. Del messaggio non si conosce il contenuto, in quanto è stato eliminato sia dal mittente che dal destinatario, ma per la Procura Generale basta il fatto che sia stato eliminato, a differenza di tutti quelli mandati e ricevuti prima e dopo, per evidenziare l’esistenza di una tensione e quindi per aggiungere elementi all’accusa.
Di diversa opinione è la difesa di Stasi che, come affermato dal professor Angelo Giarda, giudica quel messaggino non indicativo di nulla anche perché  mandato 30 ore prima del delitto.
Punto indiscutibile per la difesa è invece, l’alibi da sempre invocato dall’imputato e poi confermato da una perizia ‘super partes’: l’aver lavorato alla tesi di laurea al computer di casa sua tra le 9 e 35 e le 13 e 20 della mattina del delitto.

Secondo Barbaini, invece,  Chiara venne uccisa tra le 9 e 12, quando fu disattivato l’allarme di casa Poggi, e le 9 e 35. Una ‘finestra’ di 23 minuti in cui Stasi raggiunge la fidanzata, la massacra, si libera di armi e vestiti insanguinati e fugge in bicicletta. In primo grado, la Procura di Vigevano aveva collocato il delitto tra le 10 e 30 e le 12, poi prima delle 9 e 35. Altro elemento valorizzato dall’accusa in appello molto più che nel giudizio di primo grado sono i due gradini all’inizio della scala dove fu trovato il corpo di Chiara, definiti dalla Barbaini il “fulcro dell’omicidio”. Quei due gradini, coperti da macchie di sangue, non sono stati analizzati nelle perizie effettuate durante il primo grado per capire se Alberto potesse non sporcarsi le suole delle scarpe, camminando sul pavimento di villa Poggi.
Giarda ribatte affermando che un’eventuale nuova perizia, chiesta dal pg, sarebbe inutile perché le foto scattate durante le indagini mostrano i gradini dopo il passaggio degli investigatori, una scena del crimine quindi non ‘intatta’ e pertanto non in grado di fornire indicazioni genuine. .

A differenza del pm di Vigevano Rosa Muscio, il pg Barbaini ha poi individuato con decisione quella che sarebbe stata l’arma, un martello. “Ma dov’e’ questo martello?”, ha replicato la difesa. Anche la parte civile, rappresentata dall’avvocato Tizzoni, ha provato a rileggere gli indizi dell’accusa. Per il legale dei Poggi, Stasi avrebbe usato due biciclette, la prima, nera, poi sequestrata dai carabinieri, per andarla a uccidere; la seconda, bordeaux e sulla quale ci sono tracce del dna di Chiara, per correre a gettare via abiti e arma. Infine, il movente. In primo grado il pm aveva insistito sulla possibile scoperta da parte di Chiara di file pedopornografici nel pc di Alberto; Barbaini ha ammesso la difficolta’ a provarlo, sottolineando tuttavia che la Cassazione ‘ammette’ condanne per crimini anche senza movente. Saranno i giudici domani a decidere se le nuove ‘letture’ di accusa e parte civile possono valere una condanna di Stasi o, perlomeno, una riapertura del dibattimento.

 

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