La nota verbale indirizzata il 17 giugno dalla segreteria di Stato vaticana all'ambasciata d'Italia presso la Santa sede, che l'ANSA ha potuto visionare, Roma, 23 giugno 2021. ANSA

Omofobia: il Vaticano contro il ddl Zan. ‘Va contro la libertà della Chiesa’

“La segreteria di Stato rileva che alcuni contenuti dell’iniziativa legislativa” del ddl Zan, “particolarmente nella parte in cui si stabilisce la criminalizzazione delle condotte discriminatorie per motivi ‘fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere’ – avrebbero l’effetto di incidere negativamente sulle libertà assicurate alla Chiesa cattolica e ai suoi fedeli dal vigente regime concordatario”. E’ quanto si legge nella nota verbale indirizzata il 17 giugno dalla segreteria di Stato vaticana all’ambasciata d’Italia presso la Santa sede. “Ci sono espressioni della Sacra Scrittura e delle tradizioni ecclesiastiche del magistero autentico del Papa e dei vescovi, che considerano la differenza sessuale, secondo una prospettiva antropologica che la Chiesa cattolica non ritiene disponibile perché derivata dalla stessa Rivelazione divina”.

E’ quanto si legge nella nota verbale sul ddl Zan indirizzata il 17 giugno dalla segreteria di Stato vaticana all’ambasciata d’Italia presso la Santa sede. “Tale prospettiva – prosegue la nota verbale – è infatti garantita dall’Accordo tra la Santa Sede e la Repubblica italiana di Revisione del concordato lateranense, sottoscritto il 18 febbraio 1984′”.

Qualcuno lo vede come un intervento a gamba tesa, altri come una occasione per riaprire il dialogo tra i vari fronti opposti sulla questione. La Santa Sede ha ufficialmente chiesto al governo italiano di ripensare, “rimodulare” è la parola usata Oltretevere, il ddl Zan perché, così com’è ora, potrebbe configurare una violazione del Concordato, mettendo a rischio “la piena libertà” della Chiesa cattolica. Un appunto che mons. Richard Gallagher, il diplomatico vaticano che tiene i rapporti con gli Stati, ha fatto pervenire sul tavolo del ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Il premier Mario Draghi interverrà sulla questione.

Una convergenza che fa scrivere ad Avvenire, il quotidiano dei vescovi: “Dal dibattito sul Concordato lo spunto per il dialogo”. Quello che aveva chiesto il presidente della Cei, il card. Gualtiero Bassetti, anche sfidando l’anima più conservatrice della Chiesa italiana che ha fatto del ddl Zan un totem da abbattere. Sta di fatto, comunque, che è la prima volta che il Vaticano sfodera l’ ‘arma’ del Concordato per chiedere la revisione di una legge italiana. La preoccupazione è che la libertà di espressione venga compressa dalle nuove norme e che “non si possa più svolgere liberamente l’azione pastorale, educativa, sociale”.

Ma il pensiero del Papa è anche per quelle scuole cattoliche per i quali i genitori pagano una retta e che invece si dovrebbero ‘adeguare’ a nuovi eventi e programmi legati, sì, all’omofobia e anche al gender e ad una concezione della famiglia che non coincide con la dottrina della Chiesa. “Certamente c’è preoccupazione nella Santa Sede”, ha confermato il card. Joseph Farrell, Prefetto del Dicastero per i Laici e la Famiglia. Sul piede di guerra le associazioni Lgbt: “Il tentativo esplicito e brutale è quello di sottrarre al Parlamento il dibattito sulla legge e trasformare la questione in una crisi diplomatica, mettendola nella mani del Governo Draghi per far si che tutto venga congelato”, denuncia l’Arcigay. Franco Grillini, ex parlamentare e storico esponente del movimento gay italiano, chiede invece di “abolire definitivamente” proprio il Concordato, “questo retaggio fascista. La pretesa vaticana di dettare legge all’Italia interferendo con la sua attività legislativa è irricevibile”.

“La questione è molto semplice, il ddl Zan da oggi non è più solo una questione parlamentare ma governativa”. Una fonte dell’esecutivo, al termine di una giornata a dir poco tesa dentro e fuori la politica, descrive così il delicatissimo compito che, da qui alle prossime ore, il premier Mario Draghi avrà di fronte a sé. Il capo del governo, parlando alle Camere, non entrerà comunque “in tackle” su un tema che per lui, si ragiona in ambienti parlamentari della maggioranza, era e resta parlamentare. Fonti di primo piano della maggioranza spiegano che il suo sarà un intervento più che altro “procedurale” accompagnato da un sostanziale appello per una condivisione parlamentare più ampia e meditata. Fonti di Palazzo Chigi interpellate al riguardo non entrano nel merito chiarendo che il premier sta approfondendo la questione e si esprimerà parlando alle Camere dopo aver fatto tutte le valutazioni. Quella di Draghi, insomma, sarà un’iniziativa morbida.

Il premier non vuole e non può andare oltre, si rileva sempre in ambienti di maggioranza, soprattutto parlando da un “palco” come quello delle comunicazioni del presidente del Consiglio alle Camere prima del Consiglio europeo. Spetta ai partiti di maggioranza trovare la giusta quadra per portare avanti una legge che è di iniziativa parlamentare. Certo, nel governo un timore c’è: quello dell’impugnazione del Concordato da parte della Santa Sede una volta che il ddl Zan diventerà legge.

E il rischio, spiegano fonti parlamentari di rango, è che la protesta della segreteria di Stato abbia radicalizzato le posizioni di chi vuole la legge al più presto. La protesta da Oltretevere è stata consegnata all’ambasciata italiana presso la Santa Sede e gli uffici diplomatici l’hanno a loro volta inviata al Quirinale. Si tratta di una nota verbale, che nel linguaggio delle feluche è una forma di corrispondenza tra ambasciate o tra una missione diplomatica stabilita in uno Stato accreditatario e il ministero degli Esteri dello Stato medesimo. E’ redatta in terza persona e non è firmata. E di prassi non viene diffusa ai media, cosa che nella maggioranza ha seminato il sospetto di una “manina” che abbia disvelato la nota. Draghi potrebbe “girare” alle forze parlamentari: quella di trovare un equilibrio tra la tutela della diversità e quella della libertà di parola, entrambi valori protetti dai Trattati Europei. Del resto, in Ue, le tematiche Lgbt non sono meno foriere di polemiche e chissà che non sfiorino anche il prossimo Consiglio.

Lo dimostra il no dell’Uefa allo “stadio arcobaleno” proposto dal sindaco di Monaco di Baviera per la partita Germania-Ungheria. O l’iniziativa di 13 Paesi Ue contro la legge ungherese anti Lgbtiq, alla quale solo in serata si aggiunge l’Italia. In Parlamento il rischio è che l’intervento vaticano “affossi” il ddl Zan. Una modifica in versione soft di alcune sue parti – come quella sulla partecipazione delle scuole a iniziative contro l’omofobia – sarebbe nell’ordine delle cose. E l’intesa a non vedersi all’orizzonte. La maggioranza è spaccata ma anche all’interno dei partiti emergono divisioni, a cominciare dal Pd, dove Enrico Letta è costretto a mediare tra le sensibilità dei cattolici e quelle più vicine all’attivismo Lgbtq. Anche negli M5S – schierato finora al fianco del Pd per la legge – potrebbero emergere divisioni, visti anche i cordiali e stretti rapporti che, nel suo premierato, Giuseppe Conte ha intessuto con la Chiesa. Del resto, basterebbe ricordare cosa accadde per la legge sulle unioni civili del maggio 2016, approvata dopo mesi e mesi di tensione tra i partiti della maggioranza di Matteo Renzi e all’interno degli stessi Dem. Sono passati 5 anni e 4 governi e queste tematiche, nella politica italiana, restano esplosive.

La nota verbale indirizzata il 17 giugno dalla segreteria di Stato vaticana all’ambasciata d’Italia presso la Santa sede. 

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