Povertà raddoppiata, crollo verticale dei già bassi redditi familiari e disoccupazione, servizi pubblici, compresi quelli sanitari, praticamente fermi: la Birmania sta facendo un salto indietro di 16 anni, annullando in pochi mesi i progressi sociali ed economici fatti dalla fine della dittatura militare, gravata dall’effetto combinato della pandemia di Covid-19 e del colpo di stato militare.
Anzi, i risultati dell’indagine, condotta telefonicamente su un campione di 2.000 nuclei familiari, mostrano che l’incremento del tasso di povertà dovuto alla crisi pandemica ha inciso per un 6-11%, mentre le conseguenze del golpe militare, e la conseguente ‘disobbedienza civile’ che ha messo in ginocchio i servizi, la protezione sociale, le banche e anche la catena di approvvigionamento, ha inciso per un ulteriore 8-12%.
La combinazione delle due crisi, rileva l’Undp, in poco più di un anno ha ridotto i redditi medi del 46% che, tradotto in comportamenti di vita, ha obbligato molte famiglie a tagliare drasticamente la spesa per alimenti, a rinunciare alle cure mediche, a togliere i figli dalla scuola e a ricorrere a prestiti ‘informali’, cioè amici, parenti ma anche strozzini. In termini di tasso di povertà, il Covid secondo le Nazioni Unite, ha provocato un aumento dal 31%, secondo una stima ottimistica, al 36%, se si vuole essere pessimisti. Ma mentre gli effetti sociali del coronavirus sono considerati un effetto a “breve termine”, nella percezione della gente quelli del colpo di stato sono a lungo termine e il suo effetto sulla povertà aggiunge 12 punti e porta il tasso più pessimistico al 48%.
In altre parole, se le riforme compiute dai governi democratici negli ultimi 16 anni avevano ridotto il tasso di povertà (cioè di chi vive con meno di un dollaro al giorno a testa) dal 48% al 25% della popolazione birmana di circa 54 milioni di persone, questo progresso, in poco più di un anno, è stato completamente annullato.