Nel ’94 la vittoria di Berlusconi fu vista come una parentesi di breve durata, invece, fu il preludio all’affermarsi di un potere durato più di un ventennio. Oggi sembra ripetersi la stessa previsione da parte delle forze politiche che hanno governato la seconda Repubblica. Ma a noi non sembra affatto così, per due ordini di fattori. Primo, rispetto al 94 in cui le forze politiche della prima Repubblica erano state spazzate via dalle inchieste giudiziarie, quelle della seconda Repubblica dal voto degli elettori. Secondo, è il modo passivo e quasi da testimone statico, di porsi delle opposizioni. Tanto in Forza Italia quanto nel Pd è in atto un dibattito sul modo di rapportarsi con i vincitori. Vero è che Berlusconi lo lega a Salvini un solido rapporto, ma è pur vero che rincorrerlo per cercare alleanze per le regionali, mentre governa con i Cinque Stelle, implica un rapporto di sudditanza e prelude ad un passaggio di consegne, doloroso, dai popolari ai populisti. Sul fronte Pd, andando al congresso, dovranno sciogliere il dubbio amletico:”Governare con i grillini o cercare di essere alternativi al Movimento?”. Il timore a destra e a sinistra è quello di ridursi al ruolo di alleati ombra dell’uno o dell’altro e quindi, dandosi un ruolo di semplici testimoni. E questo Salvini e Di Maio l’hanno ben capito, come hanno capito che controllano il sistema restando in posizione centrale e su questo fanno grande affidamento. In vista del voto alle europee, dove si pronostica una forte avanzata del fronte sovranista, i partiti tradizionali europei cercano un dialogo con i populisti e soprattutto in Italia dove le forze che governano il Paese hanno ormai riflessi internazionali. Insomma sembra che le forze politiche tradizionali siano mosse da una logica emergenziale. La crisi del sistema tradizionale le ha lasciate prive di idee, di programmi e di leader. E più le opposizioni vanno in affanno più viene messo in risalto il ruolo dei partiti e/o movimenti populisti e sovranisti che nel tempo e con tenacia hanno saputo costruire il loro progetto. In Italia i grillini in dieci anni sono arrivati alla conquista di Roma e del Paese. Salvini in cinque anni ha risollevato le sorti della Lega ed oggi governa il Paese con Di Maio. La loro permanenza al Governo aiuterà a capire se ci troviamo dinanzi ad un processo di rinnovamento o ad un flop. Ma qualora ci fosse un fallimento di questa esperienza, questo non garantirebbe ai partiti tradizionali una rivincita. Per costruire un’alternativa servirebbe un nuovo progetto ricco di nuovi orizzonti, un progetto di rilancio dell’economia reale che aiuti i cittadini ad uscire dalla sopravvivenza quotidiana, per tornare a vivere. E soprattutto serve il tempo per scovare nuovi leader che sappiano misurarsi con il nuovo sistema. Ma ad oggi l’orizzonte non ci consegna alcuna indicazione.
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