Viktor Orban porta a casa l’osso, anche alla Nato. Il premier magiaro, dopo aver ricevuto il segretario generale Jens Stoltenberg, ha annunciato di aver ricevuto la necessarie garanzie che l’Ungheria potrà non aderire al corposo pacchetto di sostegno all’Ucraina in corso di finalizzazione all’interno dell’Alleanza. In cambio, non porrà il veto. Permettendo agli altri di andare avanti. “E’ un accordo equo, gli alleati non devono partecipare sempre a tutte le operazioni della Nato, posto che condividano i loro impegni di base”, ha notato Stoltenberg. Ovvero la difesa collettiva. E su questo Budapest non si tirerà indietro. La mossa ungherese di Stoltenberg è l’ultimo tassello per portare a casa il risultato. Il segretario generale (in scadenza) si gioca essenzialmente la sua eredità sul pacchetto ucraino, che prevede di portare ‘in casa’ il coordinamento degli aiuti militari e delle operazioni di addestramento a favore di Kiev (sottraendolo così al Pentagono, in un’operazione definita anche “a prova di Trump”). Inoltre, il ‘sec gen’ sta spingendo per ottenere un quadro di aiuti finanziari da 40 miliardi l’anno (ma non si sa per quanto tempo) così che gli ucraini possano contare su ‘bonifici’ prevedibili, evitando il balletto andato in scena a Washington per i 60 miliardi aggiuntivi (nonché le opacità e le riluttanze degli alleati europei). Essenzialmente è il cuore del prossimo summit Nato, che celebrerà i 75 anni dell’Alleanza. “Mi aspetto che gli alleati approvino queste proposte”, continua a ribadire Stoltenberg. E in effetti, dopo settimane di scetticismo, si registrano passi avanti. “Il pacchetto passerà”, azzarda una fonte diplomatica. Restano ancora da capire i dettagli, specie sui contributi spicci di ciascun Paese. Una quota di Pil? Le percentuali di partecipazione al bilancio Nato? Non si sa. “Difficilmente diventerà una questione per i leader: non è saggio portare al tavolo di Re Artù le diatribe sulle decime del pane e del burro”, commenta ancora la fonte. Ma la Nato non è solo l’Ucraina. Alla ministeriale difesa di domani si parlerà quindi anche della deterrenza e della capacità di mettere realmente in pratica i piani difensivi regionali approvati a Madrid e Vilnius, che hanno riportato la Nato alle origini: scoraggiare la Russia – e in prospettiva la Cina – da idee balzane. Nel corso della riunione del gruppo di pianificazione nucleare gli alleati discuteranno allora “l’adattamento delle capacità nucleari all’ambiente di sicurezza attuale”, ha annunciato il ‘sec gen’. Gli Usa stanno infatti “modernizzando le loro armi nucleari in Europa” e le realtà sul terreno si modificano, con l’Olanda che ora schiera gli F-35 abilitati a lanciare le atomiche. Non solo. Altri alleati – come ad esempio la Polonia – vogliono entrare a far parte del ristretto club a capacità dual use: ovvero mezzi abilitati sia alle armi tradizionali che nucleari. Il piatto è ricco, la Nato è tornata centrale
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