Il 7 dicembre 2019 si inaugura una nuova mostra di Oreste Casalini dedicata ad un tema specifico, lo spirito della libera ricerca, che in materiali e tecniche diverse l’autore ha sviluppato dal 1987 ad oggi. Un gruppo di opere apparentemente eterogeneo in una sorta di dialogo interiore con un medesimo soggetto, la trasmissione del sapere ‘di padre in figlio’, la concatenazione delle intenzioni, il tradimento, le scoperte, il ritorno alle origini, che nell’insieme vuole fare il punto su un atteggiamento specifico dell’artista, in parallelo e in riferimento anche ad ambiti del tutto estranei al mondo dell’arte. La mostra è stata infatti voluta e sostenuta dall’incontro di saperi provenienti da ambiti molto diversi, diverse esperienze che per questa occasione insieme cercano di mettere a fuoco l’essenza dello spirito della libera ricerca e la necessità di integrare diverse forme di conoscenza per raggiungere risultati e soluzioni inedite e imprevedibili.
L’ARTOI, Associazione di professionisti votati alla ricerca e alla sperimentazione di terapie oncologiche integrate, lo Studio di INGEGNERIA DEFA, polo d’eccellenza di alta ingegneria integrata, la KOU Gallery, centro culturale dove si combinano linguaggi differenti, rendono possibile l’esposizione di una serie di opere di Oreste Casalini dedicate al tema dell’integrazione delle conoscenze nella ricerca artistica contemporanea. Filo conduttore, la volontà di fare libera ricerca con l’obiettivo di promuovere la conoscenza pura, più lontana possibile da vischiosi compromessi con i sistemi omologati.
L’arte, come la vita, è la ricerca di equilibrio tra qualcosa che tende a manifestarsi e qualcosa che tende invece a nascondersi alla vista degli altri e, soprattutto, alla nostra stessa coscienza. Lavorare con lo spirito del ricercatore significa vivere costantemente tra i due opposti che governano il mondo: farsi guidare dalla sensibilità oppure chiudersi all’esperienza e vivere di certezze e spegnere la vitalità. Significa prima di tutto sperimentare sulla propria pelle nuove soluzioni, rischiare senza garanzie che sia possibile, dopo, rielaborare e comunicare ciò che eventualmente è accaduto, accettare il fallimento. Ricerca vuol dire sospendere il pre-giudizio e riconnettersi alla fonte originaria di tutte le forme, mettere in discussione le conoscenze acquisite e prevedere il fallimento e la paralisi, inseguire un’ombra, cercare la forma che non è ancora diventata dicibile e metterla in relazione con il già conosciuto. Per fare ricerca è necessario essere preparati: saper cogliere l’intuizione, che è il contrario dell’improvvisazione, seguire una disciplina ferrea per dominare il momento, superare regole e convenzioni, che comunque non possiamo ignorare. Fare ricerca significa vivere senza porsi limiti prestabiliti, non potendo prevedere i risultati e le connessioni che si metteranno in gioco. Il lavoro dell’artista, come del ricercatore e del monaco, è un operare segreto e in disparte che al resto del mondo appare radicale e scandaloso, avendolo già rifiutato, ma che nel suo esemplare fallimento rappresenta un memento (un monumento, una traccia) di una deviazione verso l’irreale.
Colui che dedica la vita alla ricerca è Homo Sacer (sacro), rifugge le logiche del potere, accetta la marginalità (quasi follia) sapendo che soltanto in quel modo può far progredire il mondo e riconnetterlo alle radici feconde. Si tratta di un percorso (una fuga) quasi infinito: come Ulisse, il ricercatore non si adagia sui risultati raggiunti e subito riprende il largo per continuare a cercare, con ostinazione, fede, caparbietà, o forse soltanto ottusità. In particolare l’artista, l’Homo Faber, che custodisce la sapienza del costruire cose mirabili, deve scegliere ad ogni passo: farsi dominare dalle proprie ossessioni o accettare, approfittandone, un percorso ben disegnato e sicuro in cui ottenere successo nel conformismo.
Il ricercatore coltiva speranze, va contro il destino e incontro all’opera, che ha il potere di mostrarci che esiste anche un altro tempo, quello dell’arte ad esempio, cui si può accedere attraversando il silenzio, lo spazio bianco, il vuoto. Placare l’attività costante della mente per accedere ad uno spazio interiore è la premessa necessaria per ogni forma di disciplina spirituale, dove il silenzio mostra il suo suono e il vuoto il suo pieno, come ha dimostrato l’intera opera di John Cage.
Per fare ricerca, in definitiva, è necessario attraversare il silenzio, che come il vuoto, non esiste. Silenzio vuol dire dare priorità all’ascolto di noi stessi, apertura totale ad ogni vibrazione che può diventare esperienza. Il silenzio è un limite e un’opportunità, una soglia, un affaccio su un altrove altrimenti irraggiungibile, nel silenzio è la possibilità del sempre presente, lì dove è possibile che sia anche l’arte, l’unica attività umana che ha la capacità di permanere.
Durante il vernissage interverranno Fabrizio Pizzuto e Paola Pallotta curatori del progetto, Massimo Bonucci Presidente di ARTOI Associazione per la Ricerca di Terapie Oncologiche integrate, Generoso Falciano CEO della DEFA Società di Ingegneria e Sandro Lorenzatti, archeologo e ricercatore, Alessandra Francesca Borzacchini, artista e promotrice dello spazio SBA Sporting Beach Arte che nell’ultimo anno ha ospitato Oreste Casalini in una residenza d’artista a Ostia sul mare.
Alle ore 20:00 il maestro Leonardo Gensini eseguirà dal vivo “PETRA n°2”, una composizione inedita, un unico movimento per ceramica, sassi, parola e silenzio.
Alle ore 21:00 il poeta Marino Santalucia reciterà un suo testo inedito “ASSENZE”, in una performance per sola voce.
Oreste Casalini. Nato a Napoli nel 1962, ha frequentato l’Accademia di Belle Arti di Roma e espone dal 1989. Ha realizzato numerose mostre in spazi pubblici e privati tra le quali: Casa Italiana Zerilli-Marimò, New York (1991), Università Federico II, Napoli (1997) Palazzo Reale, Napoli (1998), XII Biennale di Architettura, Venezia (2010), Palazzo Mochi-Zamperoli, Cagli (2010), Castello di Rivara, Centro per l’Arte contemporanea (2011, 2013, 2015) Spazio Mercuria, Dubai (2013) Fiera Ostrale, Dresda (2014) Fondazione Telethon, Centro Olivetti, Napoli (2015) Istituto Portoghese in Roma (2018) MACRO Asilo, Roma (2019). Ha realizzato installazioni permanenti in spazi privati a Napoli (1998, 2003), Roma (2003, 2005), Berlino (2010), Milano (2010, 2013) Torino (2015). Opere di Oreste Casalini sono presenti in collezioni private a Roma, Milano, Napoli, Londra, Berlino, Parigi, New York, Seattle, Dublino, Dubai, Mumbai, Tokio, Mosca. Hanno scritto di lui: Fabrizio Pizzuto, Paolo Aita, Paola Pallotta, Paolo Balmas, Clara Tosi Pamphili, Francesco Moschini, Emanuele Trevi, Diletta Benedetto, Angelo Mistrangelo, Renato Rizzo, Ilaria Piccioni, Giorgio De Finis, Donatella Pinocci, Michela Scolaro, Francesca Bottari, Vittorio Emiliani, Simona Barucco, Ludovico Pratesi, Stefano Petricca, Gianni Mercurio, Ada Lombardi, Patrizia Ferri, Dragan Stenek, Pietro Pedace, Sarah Wasserman, Ornella Tozzi, Antonio Di Gennaro, Benjamin Th. Fels.
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