epa08446635 A golden colored Oscar statue stands at the Ray Dolby Ballroom in Hollywood, California, USA, 31 January 2020 (reissued 27 May 2020). Gold is considered a majestic color that symbolizes wealth and luxury. It is associated with success, achievement, and triumph, but it can also be deemed decadent and overindulgent. Connected with prestige and elegance, gold symbolizes divinity, power, and wisdom in many religions due to its association with masculine energy and the power of the sun. EPA/ETIENNE LAURENT ATTENTION: This Image is part of a PHOTO SET *** Local Caption *** 56053391

Oscar: l’Academy ci ripensa, valuta la componente Zoom

 Gli Oscar 2021 potrebbero alla fine avere una componente Zoom: in seguito alle proteste di alcuni candidati e dopo discussioni con gli organizzatori, l’Academy potrebbe decidere a breve di consentire a chi ha difficoltà a venire a Los Angeles di partecipare alla cerimonia in formato virtuale. Le indiscrezioni sono dell'”Hollywood Reporter” che anticipa una riunione tra candidati e i producer della “notte delle stelle” Steven Soderbergh, Stacey Sher e Jesse Collins nella cui agenda sono “aggiornamenti sullo show” e dettagli su cosa fare nel caso in cui il 25 aprile sia necessaria una partecipazione virtuale.

La riunione era stata messa in programma già la settimana scorsa e poi ripetutamente cancellata. All’inizio di marzo gli organizzatori avevano categoricamente escluso il ricorso alle videoconferenze dopo il flop di audience registrato da altri premi condotti in formato ibrido, in particolare i Grammy. Ai candidati era stata offerta l’unica opzione di intervenire di persona a Union Station, la storica stazione dei treni di Los Angeles le cui dimensioni consentirebbero il distanziamento sociale anti-Covid: un’opzione accessibile a chi abita nella mecca del cinema, meno per chi deve venire da lontano come i rappresentanti dei cinque film internazionali in gara: il danese “Another Round” di Thomas Vinterberg che è anche candidato alla regia, “Collective” della Romania in corsa anche per miglior documentario, “The Man who sold his skin” tunisino con Monica Bellucci, “Better Days” di Hong Kong e “Quo Vadis Aida” della Bosnia e Herzegovina.

Ci sono poi le registe in corsa, Emerald Ferrell (“Promising Young Woman”) e Chloe Zhao (“Nomadland”), nessuna delle quali si trova in questi giorni negli Stati Uniti così come Carey Mulligan (“Promising Young Woman”), Sacha Baron Cohen (“Borat 2,” “Il Processo ai Chicago 7”), Anthony Hopkins (“The Father”), Vanessa Kirby (“Pieces of a Woman”) and Yuh-Jung Youn (“Minari”).

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