Ospedali italiani vecchi e insicuri. Strutture a forte rischio sismico

Ospedali italiani a forte rischio sismico. Il 15%di essi, è stato costruito prima del 900, quindi addirittura secolari. A  rivelarlo, una tabella in possesso dell’Adnkronos Salute – fornita dalla Protezione Civile – in cui vengono classificati gli ospedali per anno di costruzione, dividendoli per regione e per periodo: da prima del 1800 fino ai giorni d’oggi.

Dal rapporto emerge che tra le strutture edificate prima del ‘900, ben 74 ospedali (9% del totale) risalgono addirittura a prima del 1800, in piena rivoluzione francese. Nel complesso, il 35% delle strutture è stato costruito prima della Seconda guerra mondiale e solo il 9% negli ultimi venti anni.

“Gli edifici più datati – spiega Daniela Pedrini, presidente Siais (Società italiana dell’architettura e dell’ingegneria in sanità) – sono stati realizzati con le normative sismiche del tempo e oggi necessitano senza dubbio di adattamenti importanti per essere al passo con le nuove norme. Questo implica non solo l’adeguamento delle strutture, ma anche degli elementi non strettamente strutturali e degli impianti, così da garantire la piena funzionalità e sicurezza dell’intero complesso ospedaliero”.

A mettere in guardia dai rischi legati all’età è anche l’ingegnere Giuseppe Paradiso, responsabile tecnico aziendale della Gedi di Altamura (Bari), gruppo specializzato nell’edilizia ospedaliera.

Secondo l’esperto, gli ospedali più vecchi “sono da considerarsi tutti a rischio sismico. Il mancato utilizzo di cemento armato li rende infatti più fragili. Ma anche quelli per i quali è stato impiegato il cemento armato, costruiti prima del terremoto in Irpinia (1980), vanno comunque considerati a rischio. Le regole erano infatti pressoché inesistenti. Si costruiva senza pensare al territorio, a volte senza fare gli opportuni accorgimenti statici”.

La situazione è comunque migliorata con l’inasprirsi delle regole antisismiche. “Negli ultimi 10 anni – spiega Paradiso – le norme in materia si sono fatte molto più stringenti. Oggi gli ospedali vengono costruiti utilizzando materiali più flessibili, come il ferro, capaci di resistere a pesanti sollecitazioni. Naturalmente con il passare degli anni si sono modificate anche le tecniche di costruzione”. Ma la strada da percorrere è ancora lunga. “Numerosi edifici costruiti di recente – il caso dei capannoni crollati in Emilia è emblematico – sembrano comunque non reggere l’urto di terremoti di un certo livello”, aggiunge l’ingegnere.

Per Pedrini, una situazione del genere è anche frutto  dell’inadeguatezza delle risorse disponibili.  “Il problema è che le normative sono andate avanti, ma gli adeguamenti per la sicurezza, a causa delle scarse risorse, sono state fatte a macchia di leopardo. I fatti di cronaca di questi giorni devono riportare l’attenzione anche sull’importanza della figura dell’ingegnere ospedaliero, che è chiamato a rivestire un ruolo sempre più strategico e di responsabilità all’interno del Servizio sanitario nazionale. Al contempo – aggiunge il presidente Siais – ci auguriamo che i fondi destinati all’edilizia sanitaria vengano sempre più erogati per la costruzione di nuove strutture ospedaliere e per mantenere efficienti e sicure quelle già esistenti”.

Dello stesso parere l’ingegnere Paradiso secondo il quale “il problema è che si vuole risparmiare, a volte a scapito della sicurezza. Ecco perché andrebbe rivisto il sistema delle gare d’appalto e la logica di aggiudicazione di queste gare. Ad esempio sarebbe necessario eliminare le gare al massimo ribasso, privilegiando invece le offerte tecnicamente migliori e allo stesso tempo più vantaggiose economicamente”.

Dall’indagine, che ha preso in esame 802 ospedali, risalta soprattutto un dato: le strutture più vecchie, risalenti a due secoli fa (74 in totale), si trovano principalmente in Piemonte (16), in Campania (12) e nel Lazio (11). Ben 9 sono anche in Toscana; 7 nelle Marche; 6 in Emilia Romagna; 5 in Umbria e in Puglia; 2 in Liguria. Del periodo che va dal 1801 al 1900 fanno parte 51 ospedali. Si trovano: 11 in Puglia; 7 in Emilia Romagna e Lombardia; 5 in Piemonte e in Toscana; 4 in Campania; 3 nelle Marche; 2 in Liguria e in Sicilia; 1 in Valle D’Aosta, Friuli Venezia Giulia, Umbria, Lazio e Sardegna.

Nel periodo che va dall’inizio del 1900 al 1940 sono state costruite 158 strutture che ancora fanno parte della rete attiva degli ospedali. Questa la loro distribuzione geografica: 20 in Piemonte; 19 in Emilia Romagna; 16 in Lombardia; 15 in Sicilia e in Liguria; 14 nel Lazio; 12 nelle Marche; 11 in Puglia; 9 in Toscana; 8 in Campania; 6 in Calabria; 4 in Veneto; 2 in Umbria e nella Provincia autonoma di Trento.

Un altro dato che balza agli occhi analizzando la tabella fornita dalla Protezione Civile è quello relativo agli ospedali costruiti negli ultimi venti anni: sono solo 74 (il 9% del totale), di cui circa la metà (33) in Veneto.

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