“Il settore pubblico è certamente il più grande collettore e produttore di dati, anche se purtroppo mancano ancora organizzazione e metodo di gestione dei dati prodotti e raccolti, fattori essenziali per aiutare i decisori istituzionali e i dipendenti pubblici ad accrescere le proprie performance in termini di efficacia e di efficienza, a comprendere in maniera più accurata i problemi dei cittadini e dei vari settori economici, a prevedere nuovi bisogni, a elaborare strumenti innovativi di policy e, infine, a monitorare le iniziative intraprese e le risorse – umane, finanziarie, strumentali – impegnate. I dati sono un pilastro essenziale in attività che sono sempre più interconnesse e, pertanto, possono costituire uno strumento di non trascurabile rilievo per rendere più rapida e più efficace l’azione di governo”. Lo ha detto il premier Giuseppe Conte nel corso del suo intervento alla conferenza “Data Driven Innovation” presso il Dipartimento di Ingegneria dell’Università Roma Tre.
“Una politica basata sui dati (data-driven) può supportare il processo decisionale, tradizionalmente basato sull’esperienza empirica e su protocolli consolidati, trasformandolo da reattivo a proattivo: l’azione del governo diventa così ‘informata’ e guidata da processi basati sull’evidenza dei dati, anticipando i bisogni e i trends nel tessuto sociale. Questo cambiamento può produrre significativi impatti sui cittadini, sulle imprese, sulla pubblica amministrazione, poiché è orientato a una maggiore inclusività nel processo decisionale e nella fornitura dei servizi, a una più intensa produttività e, soprattutto, perché contribuisce a rinnovare e rafforzare la fiducia nelle istituzioni. Nel settore pubblico sarebbe decisiva – allo scopo di incidere efficacemente sulla natura dei processi decisionali – anche l’implementazione di quello che potremmo definire un ‘continuo apprendimento’, un ‘monitoraggio intelligente’ di tutte le fasi del processo della produzione dei dati. Gli effetti potrebbero essere di assoluto rilievo. Ad esempio, la causa di un’epidemia può indurre il decisore istituzionale a richiedere una raccolta dei dati non solo sull’epidemia in sé (numero di persone colpite, distribuzione sul territorio, età), ma anche sulle cause dell’epidemia, così da poter mettere in atto misure preventive focalizzate e con un preciso target, i cui risultati potranno poi essere monitorati attraverso la raccolta di dati addizionali. Naturalmente la catena del valore dei dati pubblici riguarda tutti: dai ministri al personale amministrativo della PAC/PAL, da chi provvede all’attuazione delle indicazioni politiche a chi implementa i progetti fino ai manager delle risorse umane e finanziarie. Tutti hanno una parte di responsabilità e tutti devono essere posti nella condizione di contribuire, per ciò che compete loro, a una maggiore incisività nel processo decisionale, nell’attuazione delle politiche e nella fornitura dei servizi”.
“I dati, quando sono parte integrante del ciclo completo delle policies (decisione politica, design e implementazione, fornitura, responsabilità e monitoraggio), diventano essi stessi un asset essenziale per il Governo. Non solo. L’integrazione dei dati forniti dai cittadini attraverso la loro interazione con vari attori pubblici permetterebbe lo sviluppo di servizi user-driven. I cittadini possono infatti contribuire direttamente al design e alla usabilità dei servizi pubblici, poiché i loro effettivi bisogni e le loro situazioni personali possono essere presi in considerazione automaticamente attraverso il recupero dei dati che essi stessi producono. Diventa dunque più facile per le istituzioni conoscere le modalità in cui i cittadini utilizzano i servizi disponibili e, di conseguenza, adattare il design secondo i loro bisogni. Inoltre, quando la condivisione dei dati e l’analisi degli stessi diventano parte integrante delle politiche pubbliche, viene garantita una migliore allocazione e una più congrua gestione delle risorse economiche, umane e materiali, con una conseguente ottimizzazione della spesa”.
“Un approccio strategico alla governance dei dati è un prerequisito essenziale per realizzare la trasformazione data-driven del settore pubblico. La recente riforma del Codice Amministrazione Digitale (CAD) introduce la Piattaforma Digitale Nazionale Dati (PDND). Il progetto, avviato dal precedente Governo e al quale l’attuale Governo ha assicurato piena continuità, dovrebbe assicurare un migliore uso e una migliore condivisione dei dati, prevedendo la standardizzazione, la creazione di cataloghi e di meccanismi di verifica della disponibilità e ricerca. Ma la norma non è sufficiente. L’uso legale o il potenziale riuso sono spesso non propriamente definito e rimangono vaghi. Permangono significative barriere a un’efficiente gestione dei dati all’interno del settore pubblico, a causa di fattori culturali, tecnici e procedurali tipici della pubblica amministrazione. Le amministrazioni spesso si rifiutano di condividere i dati per timore di potenziali violazioni, anche alla luce di un contesto normativo sempre più complesso. Purtroppo persiste ancora un approccio protezionistico, spesso dettato da interessi contrastanti tra le singole organizzazioni. Al contrario, i dati hanno valore solo se si “combinano” con altri dati. I dataset presi individualmente hanno scarso valore. Solo attraverso la loro aggregazione possiamo aprire le straordinarie possibilità offerte dalle tecniche di data analytics”.
“Occorre una strategia coerente che aiuti a superare gli ostacoli che ancora persistono; è necessario agire con interventi specifici, assicurano sistema di governance che fornisca un quadro di riferimento chiaro. Allo stesso tempo, per dare valore ai dati, così indispensabili per le attività e i servizi digitali delle pubbliche amministrazioni, la condizione indispensabile è rappresentata dalla tecnologia digitale. L’ottimizzazione del patrimonio dei dati pubblici si può realizzare solo se vengono utilizzate soluzioni tecnologiche che permettano di trasformare i dati grezzi in informazioni (stabilendo relazioni) e in conoscenza (comprensione delle relazioni). Vanno dunque implementate adeguate soluzioni tecnologiche che garantiscano la scoperta (i dati devono essere trovati), la condivisione (i dati devono essere resi disponibili all’interno delle istituzioni) e l’usabilità (i dati devono poter essere processati e trattati)”.
“Il progetto della Piattaforma Nazionale digitale dei Dati va proprio in questa direzione. È dunque necessario elaborare un’organica e comprensiva strategia e un solido modello di gestione che non solo copra l’intera catena del valore del dato, ma assicuri anche lo sviluppo di una infrastruttura pubblica, affinché i dati possano diventare la base del processo decisionale, strategico e operativo di tutti i livelli di governo. La Piattaforma è un primo concreto passo, ma occorre verificarne in tempi congrui l’attuazione e misurare i risultati per valutare se siano necessari ulteriori interventi”.
“Il Governo – conclude il premier – sta facendo la sua parte. Invitiamo tutte le amministrazioni a contribuire, superando resistenze non più giustificabili. Tutte le pubbliche amministrazioni devono convergere su questo obiettivo, fornendo l’accesso ai dati in loro possesso per trasformare la nostra PA – è questa l’ambizione che nutro come massimo responsabile dell’azione di Governo – in uno dei migliori esempi di amministrazione pubblica data-driven. All’interesse collettivo non si può anteporre la logica del possesso esclusivo, della data ownership, atteggiamento non lungimirante e, se posso dire, non comprensibile sul piano dell’etica, individuale e collettiva.Un miglioramento delle politiche passa infatti anche attraverso un uso dei dati ‘a fini sociali’, orientato allo sviluppo integrale della persona, al suo inserimento nel contesto sociale, al pieno soddisfacimento dei suoi diritti. Anche in questo settore, solo apparentemente caratterizzato da una preminente dimensione ‘tecnica’, occorre dunque porre la massima attenzione alle conseguenze che ogni decisione assunta può produrre sulla persona. Anche in questo ambito, siamo dunque chiamati a perseguire il ‘bene comune’, verso il quale devono convergere gli sforzi di tutti coloro che – ai diversi livelli di governo – hanno responsabilità pubbliche”.