‘Chiediamo contratti per rimettere in moto servizi alle famiglie e alle imprese, accrescendo la partecipazione, e rispettando il senso di quel richiamo della Corte Costituzionale che con questa legge di stabilità si vorrebbe di fatto ignorare. E’ con i contratti che si rilancia il cambiamento. E se per far arrivare il messaggio servirà andare allo sciopero generale, noi siamo pronti’, dicono Rossana Dettori, Giovanni Faverin, Giovanni Torluccio e Nicola Turco, segretari generali rispettivamente di Fp-Cgil, Cisl-Fp, Uil-Fpl e Uil-Pa, che lanciano la campagna per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego.Un contratto vero, scrivono i tre sindacalisti in una nota congiunta, per i lavoratori e per cambiare i servizi ai cittadini. Il governo la smetta con le provocazioni e apra il tavolo. Fare un nuovo contratto vuol dire investire nelle professionalità, nell’innovazione organizzativa, nella qualità dei servizi. Per i lavoratori pubblici, continuano, chiediamo un rinnovo dignitoso, che dopo sei anni di paralisi totale, per noi significa 150 euro di aumento medio con produttività e riconoscimento professionale, altro che l’equivalente di una mancia come vorrebbe il governo. Sei anni di sottrazione di risorse spacciata per razionalizzazione della spesa e di mancati investimenti nella qualità del lavoro pubblico sono più che abbastanza. I servizi pubblici continuano a deteriorarsi quando invece dovrebbero dare una spinta decisiva alla ripresa economica e offrire risposte valide contro la marea montante del malcontento sociale. E il governo che fa? Ancora una volta scarica costi e responsabilità sui lavoratori pubblici, mettendo sul piatto una proposta di contratto che non merita questo nome. Evidentemente considera la contrattazione come un’attività residuale nella quale non vale la pena investire. E che è meglio confinare su un terreno sempre più ristretto per gestire sempre più materie a colpi di leggi e decreti. Noi diciamo invece che liberare la contrattazione è l’unico modo per produrre innovazione vera, partecipata dai lavoratori pubblici, e riportare la Pa in linea con le esigenze reali del Paese. Per questo metteremo in campo anche lo sciopero, se dalla politica non verranno risposte. E prima faremo una mobilitazione forte e capillare sia a livello nazionale che territoriale, cercheremo il confronto con la società civile, punteremo a creare alleanze sociali partendo dai bisogni delle persone. Perché non si tratta solo di garantire ai lavoratori pubblici retribuzioni adeguate ed esigibilità dei diritti, ma di tenere insieme la valorizzazione delle professionalità e il diritto dei cittadini a un’amministrazione pubblica sostenibile negli assetti, trasparente nell’uso delle risorse, ed efficace nel dare risposte alle comunità, concludono i tre rappresentanti sindacali.
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