Pensioni più veloci in cambio di denaro. 5 arresti a Bagheria

Pratiche più veloci in cambio di denaro. Il meccanismo era semplice: pagare per riscuotere al più presto l’agognata pensione, per giunta di invalidità. I carabinieri del comando provinciale di Bagheria, hanno arrestato, su disposizione del Gip del Tribunale di Palermo, (Dott. Morosini), cinque persone  responsabili  di associazione per delinquere finalizzata alla concussione.(nelle foto le 5 persone arrestate dai Carabinieri di Bagheria).

Le indagini hanno preso il via, infatti, dalla denuncia presentata ai militari dell’Arma da una casalinga 50enne, madre di una ragazza 18enne affetta da gravi handicap psicomotori e per questo in attesa di ricevere la pensione d’invalidità civile. La signora, preoccupata per i ritardi che subiva l’iter amministrativo, si era rivolta all’Ufficio INPS di Bagheria dove un funzionario le aveva diretto una chiara richiesta di denaro per “sbloccare” la procedura. Consisteva, infatti, in questo la truffa degli indagati: pubblici ufficiali senza remore coadiuvati da intermediari, veri e propri “procacciatori” di affari.

In particolare, Aiello Antonino pensionato 70enne di Ficarazzi, Alaimo Salvatore cameriere in un bar di Bagheria 50enne e Sciortino Giacinto pensionato di Bagheria 70enne, ricercavano le potenziali vittime e intrattenevano con loro i contatti durante tutto l’iter illecito della pratica. Mirabella Vincenzo 40enne palermitano, addetto al servizio d’invalidità civile presso la Prefettura, si occupava di “estrarre” le pratiche “segnalate”, verificare lo stato dei relativi procedimenti e quindi accelerare la formazione dei decreti ovvero rallentarne l’iter quando le richieste di denaro non fossero corrisposte. Per ultimo, Scardina Agostino 60enne bagherese impiegato presso l’ufficio INPS di Bagheria riceveva le pratiche e le poneva in liquidazione procurando una “corsia preferenziale”.

Gli indagati naturalmente si preoccupavano di riscuotere i propri compensi illeciti e le facilitazioni si concretizzavano solo quando le somme pattuite fossero state effettivamente corrisposte in contanti. In effetti, le indagini hanno fatto emergere anche casi in cui, a fronte di ripensamenti da parte delle vittime colte da difficoltà di liquidità, il gruppo criminale procurava artatamente il “congelamento” della pratica, quale forma di pressione per conseguire l’illecito profitto.

Il compenso era fissato al 10% delle somme spettanti alle vittime quali arretrati: in concreto dai 500 ai 2000 euro, successivamente ripartiti tra i correi. Ad aggravare la situazione degli indagati, il loro indugiare su contesti di bisogno economico e di disagio familiare procurato da malattie invalidanti .

 

Le indagini hanno accertato nove episodi, riferiti a posizioni amministrative il cui iter “deviato” è stato seguito dai militari dell’Arma con la collaborazione della Prefettura e dell’INPS, e proseguono per individuare altri casi eventualmente condizionati.

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