Papa Francesco a Lampedusa: “Morti in mare spina nel cuore”

È atterrato all’aeroporto di Lampedusa poco prima delle 9 di questa mattina, Papa Francesco. Il Pontefice è arrivato a Cala Pisana, a bordo della motovedetta 282 della Guardia Costiera, dove ad accoglierli erano centinaia di lampedusani e immigrati, insieme al sindaco Giusy Nicolini, l’arcivescovo di Agrigento monsignor Francesco Montenegro e il parroco don Stefano Nastasi. Prima di arrivare al molo Favarolo, Francesco si è raccolto in una profonda e sentita preghiera in memoria delle migliaia di persone che, purtroppo, hanno perso la vita nelle traversate in mare. Inseguito c’è stato il saluto ai pescatori: 120 pescherecci che hanno seguito il viaggio del Pontefice in acqua. Davanti alle barche l’immagine di Bergoglio e la scritta “Il Papa dei pescatori”. Ai numerosi migranti che lo hanno atteso al molo Favaloro, ha detto: “Preghiamo anche per quello che oggi non sono qui” e prima di proseguire il suo viaggio, ha stretto la mano ad ognuno degli immigrati,poi si è allontanato a bordo della ‘campagnola’. Una macchina decapottabile che lo porterà fino al campo sportivo, dove celebrerà la messa.

L’omelia di Papa Francesco.  Un giorno da ricordare per Lampedusa. La visita di Papa Francesco resterà nella memoria di chi ha vissuto quest’esperienza, nell’orgoglio di chi godrà del vanto di poterlo raccontare ai propri figli, nella speranza degli immigrati ai quali Papa  Francesco ha mostrato che Dio non si dimentica dei più deboli.  E sono state proprio gli immigrati, quelli che rischiano la vita nelle trasferte dal loro Paese in Italia , a spingere papa Francesco a Lampedusa.  “A convincermi a venire qui sono state quelle barche che invece di essere una via di speranza sono state una via di morte, una vera e propria una spina nel cuore che porta sofferenza”, ha detto il Pontefice. “Quando alcune settimane fa ho appreso l’ennesima notizia di morti in mareche purtroppo tante volte si è ripetuta – ha proseguito -, il pensiero vi è tornato continuamente come una spina nel cuore che porta sofferenza”. E allora “ho sentito che dovevo venire qui oggi a pregare – ha aggiunto -, a compiere un gesto di vicinanza, ma anche a risvegliare le nostre coscienze perché ciò che è accaduto non si ripeta. Non si ripeta per favore”.

“Vorrei dire una parola di sincera gratitudine e di incoraggiamento a voi, abitanti di Lampedusa e Linosa, alle associazioni, ai volontari e alle forze di sicurezza, che avete mostrato e mostrate attenzione a persone nel loro viaggio verso qualcosa di migliore”, ha detto il Papa durante la messa: “Voi siete una piccola realtà, ma offrite un esempio di solidarietà! Grazie”.

Nella messa a Lampedusa, papa Francesco ha rivolto un pensiero “ai cari immigrati musulmani che, oggi, stasera, stanno iniziando il digiuno di Ramadan, con l’augurio di abbondanti frutti spirituali”. “La Chiesa vi è vicina – ha aggiunto – nella ricerca di una vita più dignitosa per voi e le vostre famiglie. A voi, ‘O ‘scià”.

Partendo dalle domande bibliche “Adamo, dove sei?” e “Caino, dov’è tuo fratello”, papa Francesco, con riferimento ai naufragi dei migranti, ha detto a Lampedusa che “queste due domande di Dio risuonano anche oggi, con tutta la loro forza!”. “Tanti di noi, mi includo anch’io, siamo disorientati, non siamo più attenti al mondo in cui viviamo”, e “non siamo più capaci neppure di custodirci gli uni gli altri”. E’ così, secondo Bergoglio, che “si giunge a tragedie come quella a cui abbiamo assistito”. “‘Dov’è tuo fratello?’, la voce del suo sangue grida fino a me, dice Dio – ha detto il Pontefice -. Questa non è una domanda rivolta ad altri, è una domanda rivolta a me, a te, a ciascuno di noi”. “Quei nostri fratelli e sorelle – ha proseguito – cercavano di uscire da situazioni difficili per trovare un po’ di serenità e di pace; cercavano un posto migliore per sé e per le loro famiglie, ma hanno trovato la morte”. “Quante volte coloro che cercano questo non trovano comprensione, accoglienza, solidarietà! – ha aggiunto – E le loro voci salgono fino a Dio!”.

La “cultura del benessere” ci rende “insensibili alle grida degli altri”, ci fa vivere “in bolle di sapone”, in una situazione “che porta all’indifferenza verso gli altri – per il Papa -, anzi porta alla globalizzazione dell’indifferenza. Ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro!”. “Chi è il responsabile del sangue di questi fratelli e sorelle? – ha chiesto il Papa parlando dell’aspetto dell’indifferenza – Nessuno! Tutti noi rispondiamo così: non sono io, io non c’entro, saranno altri, non certo io”. “Ma Dio – ha proseguito – chiede a ciascuno di noi: ‘Dov’è il sangue di tuo fratello che grida fino a me?’. Oggi nessuno si sente responsabile di questo; abbiamo perso il senso della responsabilità fraterna; siamo caduti nell’atteggiamento ipocrita del sacerdote e del servitore dell’altare, di cui parla Gesù nella parabola del Buon Samaritano: guardiamo il fratello mezzo morto sul ciglio della strada, forse pensiamo ‘poverino’, e continuiamo per la nostra strada, non è compito nostro; e con questo ci sentiamo a posto”. “La cultura del benessere – ha spiegato Bergoglio -, che ci porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono l’illusione del futile, del provvisorio, che porta all’indifferenza verso gli altri, anzi porta alla globalizzazione dell’indifferenza”. Secondo il Papa, “ci siamo abituati alla sofferenza dell’altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro!”. “Ritorna la figura dell’Innominato di Manzoni – ha aggiunto -. La globalizzazione dell’indifferenza ci rende tutti ‘innominati’, responsabili senza nome e senza volto”.

Di fronte alle morti in mare, ha detto il Papa, “domandiamo al Signore la grazia di piangere sulla nostra indifferenza, sulla crudeltà che c’é nel mondo, in noi, anche in coloro che nell’anonimato prendono decisioni socio-economiche che aprono la strada a drammi come questo. ‘Chi ha pianto?'”. “Chi di noi ha pianto pe questo fatto e per fatti come questo? Chi ha pianto per la morte di questi fratelli e sorelle? Chi ha pianto per queste persone che erano sulla barca? Per le giovani mamme che portavano i loro bambini?”, “siamo una società che ha dimenticato l’esperienza del piangere”.

Nell’omelia a Lampedusa il Papa ha sottolineato in un passaggio a braccio anche il dramma dei migranti di cui sono responsabili i trafficanti di uomini. I migranti “prima di arrivare qui – ha detto – sono passati attraverso i trafficanti, quelli che sfruttano la povertà degli altri, queste persone per cui la povertà degli altri è fonte di guadagno” e a causa di questi “hanno sofferto”.

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