Parte oggi a Glasgow la Cop 26 indetta per fermare la crisi climatica

Spetta a Carolina Schmidt. la presidente della Conferenza, inaugurare la sessione di lavori, che affronta alcune urgenze, non solo legate al clima.

Si parte dall’azzeramento delle emissioni globali nette entro la metà del secolo per continuare con la necessità di sostenere finanziariamente i Paesi in via di sviluppo. 100 miliardi di dollari all’anno è la cifra su cui si discute, destinata a limitare gli effetti negativi dei cambiamenti climatici.

Governi e attivisti mobilitati per il clima.

L’accordo di Parigi ha fissato l’obiettivo di limitare l’aumento della temperatura a 1,5°C; a Glasgow i leader mondiali devono definire un percorso condiviso per raggiungere il traguardo.

L’Italia ha in questa COP26 un ruolo di rilievo come vicepresidente.

Gli attivisti ambientali hanno raggiunto Glasgow per mettere pressione sui decisori politici.

Ma la COP26 getta anche le basi per un più condiviso patto sanitario, in un contesto mondiale ancora gravato dalla pandemia. L’obiettivo dichiarato è quello di costruire sistemi sanitari resilienti.

Greta Thunberg scettica sul vertice climatico di Glasgow:

‘L’umanità sta fallendo nel fermare la crisi climatica. Ormai siamo oltre l’urgenza: il Pianeta sta gridando aiuto.

In questo momento i leader mondiali si stanno incontrando per negoziati storici sui cambiamenti climatici, ma le promesse, senza un’azione concreta, non bastano più. Abbiamo bisogno di leader audaci e lungimiranti, che facciano finalmente ciò che è necessario per evitare di cadere nell’abisso.

Sarò al vertice con altre incredibili giovani leader del movimento per il clima, come Vanessa Nakate e Dominika Lasota. Incontreremo personalmente decine di governi: è l’occasione perfetta per lanciare un enorme appello per un’azione urgente.

A tutti i leader mondiali, ‘Tradimento’.

Così i giovani in tutto il mondo definiscono l’incapacità dei nostri governi di ridurre le emissioni. E non c’è da sorprendersi.

Siamo disastrosamente lontani dall’obiettivo cruciale di 1,5°C, mentre i governi di tutto il mondo addirittura accelerano la crisi, continuando a spendere miliardi per i combustibili fossili.

Questa non è un’esercitazione. È codice rosso per la Terra. Milioni di persone soffriranno per la devastazione del nostro Pianeta. Le vostre decisioni causeranno o eviteranno questo scenario terrificante. Sta a voi scegliere.

Come cittadini di tutto il Pianeta, vi chiediamo con urgenza di contrastare l’emergenza climatica. Non l’anno prossimo. Non il mese prossimo. Adesso. È fondamentale:

Continuare a perseguire l’obiettivo fondamentale di 1,5°C, riducendo immediatamente e drasticamente le emissioni annue, con un atto coraggioso mai visto prima d’ora.

Porre fine immediatamente a tutti gli investimenti in combustibili fossili, i sussidi e i nuovi progetti e fermare nuove esplorazioni ed estrazioni.

Smettere di contare la riduzione di CO2 in modo “creativo”, pubblicando le emissioni totali per tutti gli indici di consumo, le catene di approvvigionamento, l’aviazione e la navigazione internazionali e la combustione della biomassa.

Consegnare i 100 miliardi di dollari che avete promesso ai paesi più vulnerabili, con fondi aggiuntivi per i disastri climatici.

Adottare politiche climatiche per proteggere i lavoratori e i più vulnerabili, e ridurre tutte le forme di disuguaglianza.

Possiamo ancora farcela. Possiamo ancora evitare le conseguenze peggiori, se siamo pronti a cambiare. Ci vuole una politica determinata, lungimirante e un enorme coraggio, ma vi ripagherà, perché il vostro impegno sarà sostenuto da miliardi di persone.

Può sembrare incredibilmente difficile mantenere viva la speranza di fronte all’inazione. Ma io ripongo le mie speranze nelle persone, nei milioni di noi che si stanno impegnando per salvare il futuro, nelle nostre manifestazioni, nella nostra caparbia determinazione a continuare a combattere e nelle nostre voci emozionate quando mettiamo i potenti davanti alla realtà. La mia speranza è radicata nell’azione e alimentata dall’amore per l’umanità e per la nostra meravigliosa Terra. È questo che mi fa rimanere assolutamente convinta che possiamo farcela. E dobbiamo farcela. Insieme. Con fiera speranza’, è l’appello di Greta dalla Svezia, con Vanessa dall’Uganda, Dominika dalla Polonia, Mitzi dalle Filippine, giovani attivisti di tutto il mondo e tutto il team di Avaaz, al Cop 26.

Papa Francesco, per converso,  ha deciso di non essere presente al vertice mondiale sul clima che si tiene in Scozia, a Glasgow. Un vertice a cui era atteso.  Il Pontefice, si apprende, ha affidato alla Bbc un messaggio per incoraggiare passi in avanti su un accordo difficilissimo e tutto in salita. Alla vigilia della Cop26, infatti, l’intesa sembra impossibile, si pensi soltanto alle molteplici defezioni annunciate dai leader, in primis la Cina, che ha fatto sapere che diserterà i lavori, proprio come Vladimir Putin, che però si collegherà in remoto.

E così, in questo contesto, non ci sarà neppure Papa Francesco. Nel suo appello, il Santo Padre ripercorre il memorandum firmato dai leader religiosi la scorsa settimana a Roma: ‘I decisori politici che prenderanno parte alla COP26 di Glasgow sono chiamati con urgenza ad offrire efficaci risposte alla crisi ecologica in cui viviamo e, in questo modo, concreta speranza alle generazioni future’,  scrive Bergoglio. Dunque, ricorda le parole di uno degli scienziati: ‘La mia nipotina, appena nata, entro 50 anni dovrà abitare in un mondo inabitabile, se le cose sono così. Non ce lo possiamo permettere’.

Dunque, nel messaggio affidato alla Bbc, Papa Francesco riprende la struttura portante della Laudato Si, la prima enciclica sociale green, e insiste sulel fragilità e sull’insostenibilità dei sistemi economici e sulle ‘modalità di organizzazione delle nostre società’.

Scrive il Pontefice: ‘Ci siamo scoperti deboli e pieni di paure, immersi in una serie di crisi: sanitarie, ambientali, alimentari, economiche, sociali, umanitarie, etiche. Crisi trasversali, fortemente interconnesse e foriere di una tempesta perfetta, capace di spezzare i legami che avviluppano la nostra società all’interno del dono prezioso del Creato’. Per uscire da una crisi che è sia ecologica sia sociale, spiega il Pontefice, dobbiamo dimostrare rapidità di esecuzione, ripensando il futuro della nostra casa comune e del nostro progetto comune’. Appello che, però, rischia di cadere nel vuoto.

Anche la  regina Elisabetta II ha annullato il suo impegno programmato alla conferenza delle Nazioni Unite sul clima, la Cop26, su consiglio dei medici di riposare. Lo ha reso noto Buckingham Palace, che afferma in una dichiarazione che la monarca, 95 anni, ha ‘con rammarico deciso che non si recherà più a Glasgow per partecipare al ricevimento del 1° novembre. Sua Maestà è delusa di non partecipare al ricevimento, ma consegnerà un discorso ai delegati riuniti tramite un videomessaggio registrato’.

Blaise Pascal nei suoi ‘Pensieri’ affermava che è necessario risalire dal particolare al generale e viceversa. Partendo da questo caposaldo non dobbiamo tralasciare quanto avvenuto a Roma al G20 e trasferirlo al Cop 26 di Glasgow che aveva al centro il cambiamento climatico e dove  un accordo concreto è sembrato impossibile.

Il punto in questione è che Joe Biden, presidente degli Stati Uniti, si è presentato al G20 con un corteo di 80 auto. E 80 non è un numero a caso: erano esattamente 80 auto di grossa cilindrata e blindate.

E’ rendersi  inopportuni  andando al G20 per discutere di cambiamento climatico e presentarsi con un corteo di 80 auto ma può dare la  precisa idea della condizione mentale che fa discutere il presidente degli Stati Uniti del modo di affrontare il tema dei cambiamenti climatici.

Il 12 novembre sapremo se la Cop26,  conferenza sul clima ‘più importante di sempre’, descritta come ‘l’ultima grande possibilità per il pianeta’, sarà stata un successo o un fallimento. Tra meno di due settimane scopriremo se le nazioni saranno riuscite ad assumersi la responsabilità di trovare un accordo che, né più né meno, salvi l’umanità dal riscaldamento globale.

L’evento accoglierà quasi 30.000 persone tra capi di Stato e di Governo, membri di spicco della società civile, attivisti ed esperti del mondo accademico. La sfida è contrastare un ormai sempre più inesorabile innalzamento della temperatura globale. Un traguardo che appare oggi molto difficile: gli scenari disegnati dall’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) prevedono un innalzamento di oltre 1.5°C, limite concordato dagli Accordi di Parigi, già prima del 2040, ed un catastrofico aumento di oltre 3°C  da qui a fine secolo (UNEP, “Emission Gap Report 2021”; IPCC, “Sixth Assessment Report”, 2021).

Quello di Glasgow appare realmente come un vertice decisivo. Nelle 25 precedenti COP il lavoro politico svolto dall’Onu ha imposto il tema del riscaldamento globale nel dibattito politico, iscrivendolo nelle agende di tutti i Paesi. Ma i risultati pratici di tanto impegno sono stati addirittura controfattuali: è sufficiente pensare che a fronte dell’obiettivo del protocollo di Kyoto, le emissioni serra annue sono passate dai 22,6 miliardi di tonnellate del 1990 ai 39 miliardi delle stime 2021; un drammatico e autolesionistico raddoppio.

Il timore di un ennesimo fallimento è tangibile: Alok Sharma, presidente della Conferenza, si mostra cauto: ‘sarà più difficile di quanto non sia stato siglare l’intesa di Parigi nel 2015. È come se fossimo arrivati alla fine dell’esame e mentre il tempo sta per scadere fossero rimaste le domande più difficili’.

In realtà le domande sono di disarmante semplicità, sono le risposte a essere complicatissime: da un lato i Paesi in debito di sviluppo non intendono negoziare misure che non garantiscano la produzione energetica necessaria alla loro crescita; dall’altro i Paesi le cui economie hanno forti specializzazioni nell’energia fossile fanno lobbying e ostacolano, ritardano e ridimensionano le politiche di decarbonizzazione. Segno che il clima negoziale non sia dei migliori è il fatto che ben tre leader dei BRICS, le cinque grandi economie emergenti (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa) siano fisicamente assenti al vertice (Bolsonaro, Putin e Xi Jinping), mentre Narendra Modi, primo ministro indiano, è il portavoce del Gruppo dei 77, ossia dei paesi meno sviluppati che pongono le pregiudiziali del costo zero e della non limitazione alla disponibilità energetica.

Il negoziato si muoverà comunque su due fronti: il primo è quello degli NDC, i ‘contributi determinati a livello nazionale’, ossia gli impegni presi da ogni Stato per la riduzione progressiva delle emissioni in vista della neutralità carbonica entro il 2050. In parallelo si negozierà un rafforzamento dei fondi per i Paesi meno sviluppati con l’obiettivo di garantire loro un adeguato quantitativo di energia proporzionale all’obiettivo di riduzione delle emissioni. Non sarà facile assumere impegni di finanziamento commisurati a questi obiettivi, né appare facile che i governi possano far digerire agli elettorati occidentali l’assunzione dei costi della decarbonizzazione dei paesi periferici.

Sarà necessaria una straordinaria abilità diplomatica per ottenere successi anche solo parziali. Le conseguenze di un mancato accordo d’altronde sono note, e gli eventi meteorologici estremi, quali l’uragano che ha devastato in questi giorni la Sicilia ne sono l’aspetto più immediatamente spettacolare, ma certo non il peggiore.

Tuttavia, nonostante le premesse preoccupanti e gli impegni onerosissimi, la visibilità e le aspettative globali per la COP26 non hanno precedenti. L’elemento di differenza potrebbe forse essere la maggiore sensibilità della società al tema ambientale: non più una questione marginale, ma uno dei nodi del dibattito pubblico, da cui una crescente pressione sui leader politici.

Che la forza dell’opinione pubblica possa dunque essere determinante per orientare l’esito dei negoziati? Lo scopriremo alla conclusione del vertice; dopotutto la politica altro non è che lo specchio della società e delle sue evoluzioni e oggi quest’ultima chiede a gran voce un cambiamento concreto.

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