Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da James Hansen il seguente articolo:
Bisogna salutare Honoré Daumier quando si è a Parigi. È sepolto nel cimitero di Père Lachaise, come molti personaggi francesi di rilievo. Daumier, artista, fu soprattutto un grandissimo litografo e caricaturista. Produsse per i giornali parigini oltre 4mila litografie e un migliaio di incisioni su legno nei soli cinque anni tra il 1830 e il 1835, disegni di satira feroce nei confronti delle principali figure politiche della prima metà dell’Ottocento francese, con particolare attenzione per Luigi Filippo di Borbone-Orléans, Re di Francia dal 1830 al 1848. Luigi Filippo fu l’ultimo monarca a regnare nel Paese con il titolo di re (l’ultimo regnante, Napoleone III, fu imperatore). Inizialmente piuttosto popolare, il suo rapporto con il pubblico precipitò con il deterioramento delle condizioni di vita delle classi popolari e gli scandali di corruzione che afflissero il suo Governo. Daumier, fortemente anti-monarchico, contribuì al crollo d’immagine. Prese a bersagliare la figura di Luigi Filippo con una vasta produzione grafica, ritraendolo sempre con la testa a forma di pera – come appare qui sopra in una stampa allora molto diffusa chiamata “Passé, présent, avenir” (come per dire: “È sempre lui…”). L’artista oltrepassò il limite nel 1831 con una caricatura del Re che, nelle vesti di Gargantua, divora le risorse del popolo per corrompere i deputati dell’Assemblea Nazionale. Gli costò sei mesi di carcere. Nel 1848 Il Re cadde a seguito di una rivolta popolare e – temendo di fare la fine di Luigi XVI e Maria Antonietta, ghigliottinati – fuggì sotto il falso nome di “M. Smith” in Inghilterra, dove morì due anni più tardi. Daumier seguitò a lavorare per diverse influenti riviste satiriche – più o meno inventando il moderno mestiere di vignettista politico – e producendo molte decine di disegni e quadri. Poco resta dei dipinti in quanto l’indubbia abilità artistica era di molto superiore al talento artigianale con cui li confezionava. Tanti caddero semplicemente a pezzi. Creò però un gran numero di piccoli busti in argilla, soprattutto per “prendere nota” delle fattezze delle sue vittime caricaturali. Di questi originali, non sopravvive quasi nulla in quanto non faceva cuocere l’argilla. Molti furono poi riprodotti – postumi – in bronzo da altri. Un critico d’arte li descrisse come “piccoli, pesanti e tondi, delle dimensioni di una bomba a mano – ma più pericolosi…” |
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