Patteggiare una pena non equivale a rinunciare alla prescrizione. E’ quanto emerge dalla sentenza delle Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione del 6 maggio 2015, n. 18953. La questione evoca quella più risalente, successiva alla pronuncia della Corte Costituzionale n. 275 del 1990, che aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 157 c.p, nella parte in cui non prevedeva che la prescrizione del reato potesse essere rinunziata dall’imputato. Domandandosi se la rinuncia alla prescrizione dovesse essere manifestata espressamente, ovvero fosse anche deducibile da facta concludentia, la L. 5 dicembre 2005, n. 251, ha riformulato l’originario art. 157 c.p., disponendo, al comma 7, che la prescrizione è sempre espressamente rinunciabile dall’imputato. Il legislatore, quindi, ha previsto che la rinuncia alla prescrizione penale debba essere formulata in maniera espressa, posto che si tratta di un atto dismissivo foriero di conseguenze per l’imputato, posto che rinunciare ad un diritto già maturato, ossia quello di far valere gli effetti dell’estinzione del reato per il decorso del termine prescrizionale, significa, in definitiva, esercitare il diritto al processo e, quindi, alla prova, nell’ambito dell’inalienabile diritto alla difesa sancito dall’art.24 Cost,, in sintonia con la presunzione di innocenza di cui all’art.27, comma 2, della stessa Carta Costituzionale. Sulla base di tali osservazioni, e prendendo atto di un duplice filone interpretativo che, da un lato, ritiene che la rinuncia della prescrizione necessiti di una dichiarazione espressa e, dall’altro, che ritiene che la richiesta di patteggiamento equivalga ad una rinuncia della prescrizione, le Sezioni Unite affermano il principio di diritto secondo il quale, ai fini del valido esercizio del diritto di rinuncia alla prescrizione, è necessaria la forma espressa, che non ammette equipollenti, sicché la richiesta di applicazione della pena da parte dell’imputato, o il consenso prestato alla proposta del pubblico ministero, non possono, di per sé, valere come rinuncia.
Marco Andrea Doria