Centinaia di PMI in crisi, oltre 4mila lavoratori in bilico, blocco delle forniture di dispositivi medici, ospedali e aziende sanitarie in tilt. È il reale rischio che si corre in Sicilia se dovesse essere confermato il cosiddetto “Payback”, ovvero la richiesta di restituzione di oltre 2 miliardi di euro alle imprese che forniscono al sistema sanitario gli strumenti essenziali per le sale operatorie: dispositivi chirurgici e diagnostici.
Asfo Sicilia, associazione fornitori in sanità – aderente a Fifo e Confcommercio – nei giorni scorsi ha inviato una lettera al presidente della Regione Siciliana Renato Schifani, all’assessore alla Salute Giovanna Volo e al presidente dell’ARS Gaetano Galvagno, per richiedere un incontro urgente e scongiurare questo scenario: «Ancora non abbiamo ricevuto alcuna risposta – sottolinea Giacomo Guasone, presidente Asfo Sicilia – per una situazione urgente che è davvero inaccettabile e che viola i principi costituzionali. Per evitare il fallimento di centinaia di piccole e medie aziende che Asfo rappresenta, chiediamo alla Regione Siciliana di intervenire tempestivamente, così come è accaduto in Sardegna, dov’è stato messo in pausa – fino al pronunciamento definitivo del TAR – il provvedimento che costringe tutte le imprese fornitrici di medical device alla compartecipazione per risanare il “buco” sanitario causato dallo sforamento dei tetti di spesa dal 2015 al 2018. Ci appelliamo anche all’assessore regionale Marco Falcone, perché questo scenario metterebbe in ginocchio l’economia e lo sviluppo della nostra terra».
La misura, contenuta nell’articolo 18 del decreto Aiuti bis del 6 luglio scorso, è stata infatti impugnata a livello nazionale da oltre 600 aziende, che hanno fatto ricorso al Tar del Lazio: «Chiediamo almeno di attendere il pronunciamento del tribunale amministrativo e di far slittare la data perentoria di gennaio, che prevede il ripianamento con il cosiddetto payback. Inoltre, la Regione Siciliana, come Ente a statuto speciale, avrebbe anche il potere di abrogazione di questi provvedimenti: attendiamo con urgenza un’interlocuzione per poter trovare reali vie d’uscita e salvaguardare il futuro di migliaia di lavoratori che operano nell’indotto. Ci sono piccole e medie aziende che devono pagare centinaia di migliaia di euro, per una norma iniqua e illegittima, che segnerà la storia dell’imprenditoria sanitaria, costringendo alla chiusura e ai licenziamenti».
Ferri chirurgici, disinfettanti e antisettici, valvole cardiache e pacemaker: un mercato che subirà un vero e proprio blocco: «L’applicazione di una norma introdotta dalla finanziaria nazionale del 2015 e “riesumata” dal Governo Draghi – conclude Guasone – rischia di travolgere il sistema. La Regione Siciliana ha l’obbligo di difendere e proteggere la sanità siciliana e la salute dei cittadini».