Pd e Orlando a Elly Schlein: ‘Meglio le correnti che il partito personale’

Guardando alle Europee per Elly Schlein  ci sono conti da far quadrare, partendo da  un eurodeputato uscente in meno, Caterina Chinnici, candidata alla presidenza della Regione contro Schifani, ma che poche settimane dopo la sconfitta è passata a Forza Italia. C’è quindi un seggio libero. L’altro posto è quello di Pietro Bartolo ma la sua ricandidatura nella circoscrizione Sicilia-Sardegna non è più scontata, secondo quanto si sussurra nelle retrovie. Carenti rapporti con il partito nell’isola non hanno reso idilliaci i rapporti e sembra che l’eurodeputato potrebbe essere schierato nell’Italia centrale.

Se queste sono le premesse i posti in lizza potrebbero essere due. E sono due i dem che, sia pure con percorsi e motivazioni diverse, vedono nella candidatura alle Europee,  che comunque sarà decisa a Roma, una sorta di “risarcimento” rispetto alle elezioni del settembre 2022. Da un lato c’è Antonello Cracolici, storico Pd, uno dei big dei consensi, che ad agosto, quando fu messo secondo in lista al Senato,   posizione  impossibile, dopo Anna Maria Furlan (ex segretaria nazionale della Cisl) non le mandò a dire. Cracolici ritirò la candidatura ricordando che neanche Renzi che pure aveva fatto una carneficina era mai arrivato a mettere due non siciliani al primo posto delle candidature al Senato

È presto per dire che il Pd sia ormai in ebollizione, ma di certo ogni giorno che passa somiglia sempre più a una pentola a pressione. È l’effetto-correnti che ha ripreso a macinare dopo l’esaurimento dell’effetto-Schlein. Proprio così, l’elezione dell’out-sider Elly aveva convinto un po’ tutti che la svolta impressa dalle primarie di febbraio potesse rivelarsi di lunga durata. Sono invece bastati pochi mesi per far capire a a tanti che sotto il movimentismo… niente. E allora ecco Franceschini che prova a ritessere la propria tela e riecco Bersani lanciare l’allarme contro «il sistema che tratta Schlein da macchietta». Infine, e siamo all’oggi, ecco Andrea Orlando magnificare il ruolo delle correnti, necessarie – confida al Fatto Quotidiano – «per evitare che il Pd si trasformi in un partito personale».

La leader dem è una sorta di sorvegliata speciale che da ora in poi dovrà misurare attentamente parole e gesti per evitare di finire maciullata, come tanti suoi predecessori.Orlando ne è uno dei rappresentanti più autorevoli. Già ministro, da poco meno di un ventennio in Parlamento, il politico spezzino è uno che ha sempre teorizzato la necessità di un partito organizzato in correnti. «Non possiamo consegnarci a un leader», dice serafico all’intervistatore del Fatto. Un avvertimento alla Schlein.

Dalla sua angolazione correntista, Orlando vede invece tutto questo come un tributo da pagare al pluralismo interno. E spiega: «Se il linguaggio deve cucire espressioni e idee a volte differenti perde un po’ di nettezza, si scolorisce».

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