‘Renzi non è il leader che dà maggiore importanza al gruppo, ma dà importanza a se stesso e al suo punto di vista. E’ napoleonico, quindi va incontro inevitabilmente a delle Waterloo. Nel senso che cerca a tutti costi vittorie e rivincite con una spietatezza anche nei confronti di chi ha un punto di vista diverso. Questo secondo me sta pesando’, ha detto il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, ad Agorà. Ricordiamo che Emiliano, l’ex capogruppo del Pd alla Camera, Roberto Speranza, e il presidente della Regione Toscana, Ettore Rossi, lanciano un nuovo movimento, aprendo a Pisapia e Vendola: ‘Renzi non ci ha ascoltati’. La scissione di via Barberini è stata decisa al numero civico 36, nella sede romana della Regione Puglia. Al primo piano, dove c’è l’ufficio di Michele Emiliano. Non c’è ancora un nome, non c’è un logo. C’è però un patto a tre tra Emiliano, Speranza e Rossi per fondare un movimento dando vita ad una ‘costituente’ a sinistra del Pd. Un movimento, non un partito, in cui non c’è né un leader né un candidato premier che il sistema proporzionale non richiede. È la ‘costituente di centrosinistra’ di cui parla pure D’Alema. Aperta alla società, alle associazioni, a coloro che sono delusi da Renzi e che hanno votato 5 Stelle. ‘Una separazione consensuale dal Pd e non conflittuale’. Dopo le elezioni non è escluso che si possano mettere insieme le forze parlamentari per formare un governo e fermare i populisti. È la logica del proporzionale che spinge a valorizzare l’identità rispetto alle coalizioni. E allora ognuno faccia la sua battaglia, presenti il suo programma. Il partito di Renzi potrebbe fare il pieno di voti moderati e svuotare Forza Italia; il movimento nascente raccoglierà tutti i voti a sinistra e un pezzo del bacino elettorale pentastellato, fino al centro. Un nuovo Ulivo, un nuovo centrosinistra in cui non ci saranno in prima fila Bersani e D’Alema. Loro due si impegneranno in campagna elettorale ma faranno un passo di lato rispetto all’impegno e al lavoro diretto e organizzativo. A guidare il movimento saranno il governatore pugliese, il presidente toscano e il giovane ex capogruppo del Pd. I tre della scissione si sono detti che non ci sono più le condizioni per stare nel Pd: ‘Siamo costretti a fare questo passo e nessuno può venirci a dire che lo abbiamo fatto per la data del congresso o per qualche capolista in più. Ci mettiamo la faccia e navighiamo in mare aperto’. Così i tre si sono messi a scrivere un documento che verrà letto all’assemblea nazionale del Pd domenica prossima. Un documento nel quale si dice che la direzione del partito è stata animata da un dibattito ricco e plurale. Purtroppo le conclusioni del segretario non l’hanno rappresentato. Il Pd si sarebbe trasformato nel Partito di Renzi, personale e leaderistico. È stato chiesto di sostenere il governo fino al 2018, un congresso senza forzature e una conferenza programmatica nel quale trovare l’unità: ‘Ma siamo stati inascoltati’. La costituente è aperta anche a Sinistra italiana in cui confluirà Sel di Vendola che domenica a Rimini celebrerà il congresso di scioglimento. La costituente era aperta soprattutto a Giuliano Pisapia, che poi ha costituito ‘Campo Progressista’. L’ex sindaco di Milano guardava con grande interesse all’iniziativa dei tre di via Barberini. ‘Salvare il Pd è ancora possibile. Faccio un appello ai dirigenti: bloccate le macchine della divisione. Non andatevene, venite. Partecipate. Le porte sono aperte, nessuno caccia nessuno. Ma un partito democratico non può andare avanti a colpi di ricatti. Apriamo le sedi dei circoli e discutiamo. E, finalmente, torniamo a parlare di Italia’, è l’appello che il segretario del Pd Matteo Renzi lancia in una intervista al ‘Corriere della Sera’. Ma, ribadisce, non accetto ricatti: il congresso va fatto, l’ha chiesto la minoranza. I tempi? Non li decido io, c’è lo statuto. Io voglio evitare qualsiasi scissione. Se la minoranza mi dice: o congresso o scissione io dico congresso, spiega l’ex premier. Ma se dopo che ho detto congresso loro dicono ‘comunque scissione’ il dubbio è che si voglia comunque rompere, che tutto sia un pretesto. Toglieremo tutti i pretesti, tutti gli alibi. Vogliono una fase programmatica durante il congresso? Bene, ci stiamo. Martina, Fassino, Zingaretti hanno lanciato proposte concrete. Vanno bene. Però facciamo scegliere la nostra gente: davvero qualcuno ha paura della democrazia?. Matteo Renzi, dopo la riunione della direzione di lunedì, cerca una mediazione per evitare lo strappo con la minoranza all’assemblea di domenica ma la situazione sembra ormai compromessa. L’ultimo incontro tra Lorenzo Guerini e Pier Luigi Bersani con la proposta renziana di un confronto programmatico nei tempi del congresso è stata respinta al mittente dall’ex segretario. Renzi, al Nazareno, ha incontrato tutti gli esponenti della maggioranza, da Piero Fassino a Maurizio Martina. Ma alla luce del fallito incontro tra Guerini e Bersani, l’impressione al vertice Pd è che la minoranza abbia tratto il dado della scissione.
Roberto Cristiano