Pd e Renzi: ‘Non cambio sanità-contante’ Decreto legge per conti Regioni

Matteo Renzi difende a spada tratta la Legge di stabilità e non arretra di un passo davanti a critiche e richieste di modifica della minoranza Pd. Il discorso, per la prima volta scritto, fatto all’assemblea dei parlamentari del Partito democratico, alla fine, diventa l’ennesima tappa dello scontro tra il premier-segretario e l’opposizione interna e della mutazione del Pd, un processo nel quale vanno rispettati, ha detto Renzi, quelli che escono ma anche quelli che entrano. Fulcro dell’intervento del premier è la legge di Stabilità, intorno alla quale, nelle ultime ore, si è acceso lo scontro con le Regioni: ‘Sulla sanità, il sociale e la cultura, noi investiamo più di prima. Nel 2014 erano 109 miliardi, nel 2015 110, 111 nel 2016. È demagogia dire che sulla sanità mettiamo meno soldi. Anche sul sociale la legge di Stabilità ha messo 3,6 miliardi: ‘Quella del Governo Letta 1,8 miliardi, per il Governo Monti il dato non è pervenuto’. Poi annuncia che entro 7 giorni sarà varato un decreto legge per salvare i conti delle Regioni dall’intervento della Corte dei Conti. Lo scontro con gli enti locali, in effetti, è aspro e Sergio Chiamparino va all’attacco del premier. Sebbene circondata da critiche e polemiche, secondo Renzi, la manovra è l’occasione dell’accelerata decisiva. Siamo a un bivio, o prendiamo l’occasione della stabilità come l’accelerata decisiva, oppure buttiamo tutto quello che abbiamo fatto. È una scommessa sulla fiducia, ha affermato, elencando i 25 punti chiave della legge. E, in vista del voto sulla norma, risponde ancora alla minoranza: ‘La legge di Stabilità è di sinistra come la nostra impostazione. Non è che la ditta è di sinistra se il congresso lo vince Tizio o Caio. Cari amici e compagni, le regole valgono sempre o non valgono mai. Matteo Renzi affronta l’assemblea Pd anche donando un sigaro cubano a Pierluigi Bersani, donato come calumet della pace, ma con nessuna disponibilità a stravolgere la legge di stabilità. Difende l’innalzamento del tetto dei contanti perché non esiste correlazione con l’evasione, e l’aspetto sociale della manovra. Sulla questione delle tasse, Renzi risponde ancora alla sinistra Pd: ‘L’82% dei proprietari di prima casa è costituito da pensionati, dipendenti o disoccupati. Si può dir tutto, ma non che togliere la Tasi aiuti i più ricchi. Se volete un premier che alzi le tasse, cambiate paese o cambiate premier. Io penso che le tasse in Italia debbano andare giù ed è la caratteristica di questo governo. Se qualcuno ha nostalgia della sinistra che diceva ‘anche i ricchi piangano’, sappia che non è la mia linea. Io non condanno il mio partito al suicidio né il mio paese alla stagnazione. Parlando di chi lascia il Pd, diretto magari verso la ‘Cosa rossa’ che nascerà sabato, Renzi dice di rispettare chi ci lascia, ma anche chi è entrato. È facile fare un elenco di nomi dei parlamentari acquisiti, dice, aggiungendo: ‘L’afflusso più grande a questo partito viene da Sel, non da Verdini’. E soprattutto dà l’altolà a continue critiche della minoranza, avvisando che le regole in un partito valgono sempre. Ma l’appello del premier non convince tutti e i tre bersaniani D’Attorre, Galli e Folino annunciano l’addio.  In un ‘Italia che riparte’, il premier vede nella manovra economica l’occasione per l’accelerata decisiva. Renzi si dice pronto ad ascoltare tutti, dalle Regioni alle proposte di Nens (Nuova economia, nuova società) contro l’evasione, ma non capisce perchè gli attacchi partano da dentro il suo partito. ‘Attenti, il nemico non siamo noi’, e chiarisce alla sinistra che giovedì presenterà i suoi emendamenti.

Cocis

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