Primarie online sì o no? Urne virtuali o gazebo vecchio stile? Il dibattito agita il Partito democratico dopo la proposta, avanzata dalla candidata alla segreteria dem Elly Schlein, di celebrare le primarie per la scelta del nuovo leader con un voto sul web. Se da un lato i sostenitori di Schlein si dichiarano favorevoli all’ipotesi di una votazione online, dall’altro i supporter dello sfidante Stefano Bonaccini frenano sulla proposta.
“Se ne occuperà la commissione preposta” dice Stefano Bonaccini, candidato alla segreteria nazionale del Pd, oggi a Lecce. “Io sono qua ad occuparmi di lavoro, di ambiente, di sanità, di scuola, di Mezzogiorno. Preferisco occuparmi di problemi delle persone in carne e ossa, delle regole se ne occuperà la commissione preposta”.
“In linea di principio nessuna contrarietà al voto online, ma dobbiamo essere seri: non possiamo cambiare le regole del gioco in pieno congresso” dice a ‘La Repubblica’ Dario Nardella, sindaco di Firenze e presidente nazionale della mozione Bonaccini, in merito all’ipotesi di primarie online per la scelta del nuovo segretario dem, caldeggiata in particolare da Elly Schlein. “È come se a fine primo tempo della finale dei Mondiali di calcio si decidesse di non fischiare più il fuorigioco nel secondo tempo”. “Nessun timore di aprire il partito”, precisa Nardella, “ma ora perché non ci impegniamo a favorire la partecipazione piuttosto? Visto che le primarie saranno aperte sarebbe un ulteriore errore pensare al voto online perché si dà per scontato il fallimento dei gazebo. E per aumentare la partecipazione – aggiunge – sono convinto che servano idee forti più che il voto online”.
“Eppure oggi quasi tutti gli enti di diritto pubblico ricorrono al voto online. Solo la politica è rimasta indietro”, commenta Giovanni Di Sotto, ceo di Multicast Srl, la società che gestisce la piattaforma Sky Vote, utilizzata dal Movimento 5 Stelle dopo il divorzio dalla ‘Rousseau’ di Davide Casaleggio.
“Oggi i 4/5 degli enti di diritto pubblico, Cda, casse previdenziali private, fondi di investimento, fondi pensionistici ‘votano’ centinaia di miliardi di euro – tra bilanci e decisioni di investimento – in modalità online. E le persone che vengono elette sono elette attraverso modalità online. Tutti gli ordini professionali adottano questo metodo, parliamo di 2 milioni e mezzo di persone”, osserva Di Sotto.
Il M5S ad oggi rappresenta ancora un unicum sul fronte della ‘democrazia diretta’, vecchio cavallo di battaglia grillino. Ma ora anche i dem si interrogano sulle modalità di coinvolgimento dei propri militanti nei processi decisionali, anche se molti sollevano dubbi. Come il sindaco di Firenze Dario Nardella, presidente della mozione Bonaccini, secondo il quale imbastendo una piattaforma online “a pochi giorni” dal voto “si umilierebbero gli iscritti”. “Ma per mettere in piedi una votazione di questo tipo ci vogliono 48 ore”, fa notare il Ceo di Multicast Srl. “Esistono piattaforme già pronte, come la nostra. Noi siamo sempre terzi rispetto al voto, noi non siamo un partito ma una piattaforma commerciale che non ha nessun riferimento. Questa è la nostra differenza con le piattaforme di partito. L’esempio dei grillini è stato proprio questo. I 5 Stelle dopo Rousseau usufruiscono di una piattaforma commerciale, come fanno tutti gli enti che ho citato prima”.
Una delle candidate più accreditate dai sondaggi nella corsa alla segreteria del Pd, cioè del partito pilastro del centrosinistra, ha proposto di ridurre il congresso a una votazione online. Lei è giovane, lo capisco, le piacciono le cose moderne: i podcast, i network, i social, i troll, i feed, le app, gli screenshot…
Però, probabilmente, ignora quale sia la natura di un partito, a differenza di Grillo, che sa quale è la natura di un partito, e da diversi anni opera per annientarla. La sua idea di fondo è che un paese moderno debba liberarsi della sovrastruttura della politica, con le sue complicazioni, le sue dottrine, i suoi saperi, e poi le sue burocrazie, i suoi alambicchismi, le baroccherie. Grillo ha lavorato benissimo. Ha introdotto nell’animo profondo della società, e persino dell’establishment, l’idea che tutto ciò che è complesso è vecchio. Che tutto ciò che sta dietro è male. Che la scienza politica è fuffa o delitto. Che l’unico valore eticamente valido è la trasparenza e l’immediatezza. E dentro questo schema non c’è nessuno spazio per la politica, e dunque nemmeno per la vecchia democrazia politica perché – per ragioni persino lessicali – non c’è democrazia politica senza politica.
I partiti sono, ed erano, essenzialmente comunità democratiche e strategiche. Aggregavano persone legate tra loro da alcuni valori che non condividevano con tutto il resto della società e – in linea di massima – da interessi comuni, o comunque interessi accettati da tutti. I partiti erano parte della società, complementare e contrapposta con altri partiti. Per esempio i partiti di sinistra si radunavano attorno a un valore e un’aspirazione fondamentale: l’uguaglianza. Che non era un valore condiviso dai partiti di destra e nemmeno di centro, che invece ritenevano l’eccesso di eguaglianza e la riduzione delle differenze sociali come un impoverimento della società e un fattore di freno per l’economia e dunque per lo sviluppo. Dentro questi valori, questo recinto, si svolgeva una vita comunitaria ricchissima nei partiti. Il cui culmine, persino emotivo, era il congresso. Nel congresso si stabiliva la linea, talvolta si operavano svolte, si selezionavano i dirigenti.
Un congresso durava alcuni mesi e coinvolgeva in modo attivo e diretto almeno un milione di persone. Ciascuna di loro partecipava a decine di riunioni preparatorie, interveniva, discuteva, rafforzava le sue idee o le modificava, era protagonista nei congressi di sezione, poi in quelli cittadini, in quelli regionali fino alla gran messa cantata del congresso nazionale. Tutto questo era il carburante della democrazia. In forme e con intensità diverse tutti i partiti vivevano questa vita. Alcuni mescolavano alle strategie e al sistema delle idee anche il potere. Quasi tutti, in misura diversa, lo facevano. Poi è venuta Tangentopoli che ha sferrato un colpo micidiale allo stomaco dei partiti, piegandoli. Poi è venuto il grillismo e li ha dichiarati il male assoluto. Ai partiti è stata sottratta ogni risorsa finanziaria e poi tutta la dignità e il prestigio che avevano. Con la collaborazione massiccia del sistema dell’informazione, che si è via via grillizzato fino a coincidere col grillismo.
Ecco, le primarie che hanno sostituito i congressi nel Pd sono una forma di grillismo. L’idea di abolire anche i gazebo, di proibire i contatti umani tra militanti, e di risolvere tutto con un giochino moderno di potere come è il voto online, è l’ultimo passo. Il partito è abolito. È la nuova e sofisticata forma del totalitarismo. È il trionfo del grillismo. Io poi avrei una proposta un po’ tradizionalista: ma se almeno il nome del nuovo segretario del Pd fosse deciso con una bella sfida a tresette non sarebbe almeno più umano.
Intervistata dal Corriere della Sera Alessia Morani pone il problema del maschilismo del Pd: “Si mettono sempre in conto gli odiatori. Ma ci sono stati attacchi del mio partito, non me li aspettavo. Era una foto sobria, composta, per niente ammiccante o volgare. Non capisco. Una foto che il mio compagno mi ha scattato per il mio compleanno, il 3 gennaio. Ero seduta e di profilo, completamente vestita. Ma anche fosse stata in costume che male ci sarebbe stato? Si rafforza la convinzione che il mio è un partito profondamente maschilista”. Il problema – prosegue ancora Morani – è che vogliono che si mortifichi la femminilità. Il fuoco amico non lo immaginavo. A destra sono più avanti di noi, ci danno lezioni. Basta guardare la premier Giorgia Meloni. Non rinuncia alla sua femminilità e nessuno le dice niente. Tra l’altro adesso la trovo più carina di alcuni anni fa. È aumentata la consapevolezza che ha di sé, evidentemente”. L’ennesimo scivolone all’interno della sinistra, che pure su questo guarda alla destra come un modello. Qualcuno me lo ha scritto: “dovresti fare come la Carfagna; che per dimostrare la propria competenza mortifica la sua femminilità”. Lei ribatte: “Roba da medioevo. Il peggiore di tutti è stato un certo Michele Testoni che ha innescato il dibattito».
Michele Testoni su Facebok dice di essere un insegnate e vice presidente del Comitato a Madrid del Pd e del Psoe. Ha scritto: “una deputata del mio partito dovrebbe evitare questo reiterato tipo di fotografie, decisamente inappropriate”.
‘E lui non sa nemmeno che non sono più deputata. Il fuoco amico non lo immaginavo. A destra sono più avanti di noi, ci danno lezioni”.