‘Abbiamo perso malamente. Nessun se, nessun ma. Il vento del 4 marzo continua a tirare in Italia, come in gran parte del mondo occidentale. Il voto se non altro ha sgombrato il campo dal ruolo e dalle responsabilità di Matteo Renzi. Il 24 giugno il Pd ha perso anche senza Matteo Renzi’, scrive su Fb il capogruppo Dem Andrea Marcucci: ‘Ora servono nuove soluzioni, con concretezza, senza indulgere nei riti purificatori dell’opposizione e coltivando impotenti vocazioni minoritarie’.
In realtà quello di Marcucci è stato l’unico commento sensato a valle delle elezioni amministrative che danno un senso al crollo del partito democratico sollevando da ogni responsabilità Matteo Renzi che, detto in sordina, ne riderà avendo previsto questo scenario. Se ne è tirato fuori: a voi il gioco…
Leggere bene le dichiarazioni guardando ‘dietro’ a quanto affermato:
‘Una navigazione a vista sta portando il centrosinistra all’irrilevanza proprio quando l’Italia ne avrebbe più bisogno. Ripensare tutto: linguaggio, idee, persone, organizzazione. Allargare e coinvolgere su un nuovo manifesto. Andare oltre il Pd. Subito! #fronterepubblicano”, scrive su Twitter Carlo Calenda, ex ministro ed esponente Pd, all’indomani dei ballottaggi per le comunali.
‘Anche i risultati delle amministrative dimostrano che c’e’ stato un cambiamento radicale, ora bisogna lavorare per costruire tutto di noi e ripartire, c’e’ una nuova destra in campo aggressiva e radicata’, afferma il reggente del Pd Maurizio Martina: ‘Sono d’accordo sul ripensamento complessivo, abbiamo tanto da cambiare nei linguaggi e nelle idee ma non sono d’accordo sul superamento del Pd. Credo nella ricostruzione di un campo progressista, democratico di centrosinistra con un Partito democratico rinnovato al centro. Mi sembra difficile, in prospettiva, il dialogo con questo movimento 5 stelle’.
‘In un momento difficile come questo penso che dobbiamo dare stabilità al Partito Democratico eleggendo una nuova classe dirigente che lo conduca e lo rilanci con una nuova linea politica. Pensare di sterilizzare la condizione del Partito Democratico fino alle europee non aiuta’, afferma Roberto Giachetti, deputato del Partito Democratico, commentando i risultati elettorali: ‘Io penso che dobbiamo innanzitutto compiere il progetto del Partito Democratico, che è partito ma si è un po’ smarrito’.
‘Sicuramente si è intaccato qualcosa nel rapporto col territorio: ci sono risultati positivi imprevisti come Roma e Brindisi, ma impressiona la vittoria della destra nelle regioni rosse. Ci sono gli elementi per una riflessione molto seria e l’apertura di una fase costituente’, dice Andrea Orlando, deputato della minoranza Pd.
‘Siamo di fronte ad una sconfitta storica della sinistra’, dichiara il coordinatore nazionale di Mdp, deputato di ‘Liberi e Uguali’, Roberto Speranza.
Il segretario reggente Maurizio Martina come sempre è risoluto e inconcludente: ‘Credo nella ricostruzione di un campo progressista, democratico di centrosinistra con un Partito democratico rinnovato al centro. Bisogna organizzare, attrezzare il centrosinistra, il Pd, come un progetto nuovo, che non s’inventa in tre mesi. Il tema non è la leadership, che pure è rilevante, ma il progetto. Dove vinciamo c’è un centrosinistra che riesce a fare comunità. Ci sono realtà come Ancona dove questo lavoro si è fatto. Faremo assemblea a luglio e decideremo il percorso. Abbiamo tanto da cambiare, inutile negarlo. Primarie? Ci sono nel nostro statuto, sceglieremo il segretario con questo strumento che per me è un valore’. E ancora: ‘Pd in mano a Renzi? Bisogna uscire da questa discussione…’.
Dopo le elezioni politiche l’ex segretario del Pd aveva annunciato che avrebbe smesso di occuparsi del partito rinviando di fatto l’incoronazione di Martina e, da senatore, ha dato sfiducia al Senato, imponendo come capo pattuglia, questo è vero, ogni accordo in parlamento con il governo gialloverde.
Di vero c’è solo che il Pd è in agonia, con dipendenti in cassa integrazione, sezioni chiuse, eletti da contare in un pugno chiuso, sindaci un tempo radicati travolti sul territorio. Risultato è vedere il Pd all’opposizione, senza saperla fare, sentendosi ancora a Palazzo Chigi. Tra la reggenza di Martina, il riformismo di Calenda e il governismo di Gentiloni, l’ex segretario, a detta della minoranza, aspetta che il partito gli riconsegni le chiavi di casa.
Mai come in questi mesi si è allargata la forbice tra la base e gli elettori che vivono nel mondo reale, e le presunte classi dirigenti dem che sperano di archiviare la catastrofe politica invocando la de-renzizzazione nei gruppi dirigenti e nell’immagine.
Sarà vero?. Sarà sensata la richiesta? Chi scrive ne dubita restando nell’attesa dei prossimi sviluppi…
Roberto Cristiano