Chi sarà il candidato del Pd alle elezioni politiche del prossimo anno? Matteo Renzi, Paolo Gentiloni o Marco Minniti? In virtù dello statuto del Pd il segretario del partito è, per regolamento, candidato premier. È Renzi, dunque, il prescelto e lui, peraltro, ora vuole candidarsi al Senato in Toscana, e non alla Camera, per imporsi con le preferenze e non scattare come capolista bloccato.
Si intravede comunque uno scenario diverso legato alle elezioni regionali siciliane che si terranno il 6 novembre e che possono far pensare ad un ribaltone se Renzi le perde. A quel punto i maggiorenti del Pd ed esponenti esterni al partito inizieranno una campagna a tappeto per dimostrare che Renzi è del tutto inadatto.
Renzi, in tal caso, deve perdere lo scettro di leader del partito per via traumatica, trovandosi in minoranza in Direzione. Solo a quel punto, con un nuovo segretario, il Pd può essere credibile nel proporre una coalizione di centrosinistra e candidare Paolo Gentiloni.
I franceschiniani, perno indispensabile di ogni futuro ribaltone (e non è affatto detto che i loro voti e quelli delle minoranze bastino), preferiscono tacere, anche se restano i sospettati numero uno.
Dario Ginefra, colonnello dell’area di Michele Emiliano, pensa che Gentiloni non si presterà a giochetti contro Renzi: ‘Matteo e tutto il Pd devono però prendere coraggio: cambiare la legge elettorale, inserendo il premio alla coalizione, e decidere, tra le diverse punte in campo (Renzi, Gentiloni, Minniti), qual è la migliore da schierare, ma senza complotti né sotterfugi’.
Nell’altra minoranza, quella che fa capo al ministro Andrea Orlando, i dubbi sulla reale capacità di Renzi di svolgere una leadership in campagna elettorale affiorano più apertamente. Cesare Damiano è stato netto: ‘Renzi ci farà arrivare terzi, serve un altro leader’.
Il tema vero è comunque legato ad una legge elettorale diversa, con il premio alla coalizione. Il resto è panegirico ed oratoria.