Mentre governo e parti sociali discutono sulla possibile riforma del sistema pensionistico dopo la fine di Quota 100, è bene entrare nell’ordine di idee che, per garantire la tenuta di un sistema messo sotto pressione dalla longevità degli italiani, gli assegni futuri saranno sempre meno generosi rispetto a quelli attuali.
Questo, a fronte delle diverse Riforme Pensioni che sono intervenute con il tempo per rendere il sistema più sostenibile per le casse dello Stato, a partire da quella varata nel 1995 dal Governo Dini che ha introdotto gradualmente un nuovo sistema di calcolo delle pensioni: il metodo contributivo. Il sito delle piccole-medie imprese pmi.it fornisce una utile guida sul passaggio a quest’ultimo regime.
Metodo contributivo
Sono dunque le pensioni dei giovani sotto i 35 anni di età a prospettarsi sempre più magre, perché calcolate interamente con il metodo contributivo. Il criterio è semplice: il metodo contributivo lega l’importo dei futuri assegni pensionistici ai versamenti previdenziali effettuati nel corso della carriera. Più si versa, più alta sarà la pensione.
L’aggravante del calcolo pensionistico con sistema contributivo è la rivalutazione. Il quadro dei contributi previdenziali versati – spesso già di per sé carente per via di una vita lavorativa oggi sempre più discontinua – va a sommarsi l’effetto della variazione media del Prodotto Interno Lordo (PIL) nominale degli ultimi cinque anni che va a rivalutare il conto contributivo. In sostanza: se il PIL cresce poco, anche i contributi accantonati dai lavoratori si rivalutano poco e la pensione futura rimane piuttosto esigua.
Anche il meccanismo che lega l’importo delle future pensioni con l’andamento dell’economia italiana, è parte della revisione al sistema previdenziale effettuata nel 1995 (Riforma Pensioni Dini) e a farne le spese sono ancora una volta i più giovani.
Metodo retributivo
Il metodo retributivo, in vigore prima del 1995, legava invece l’importo degli assegni alla media degli stipendi percepiti dal lavoratore prima di andare in pensione, permettendo al pensionato di mantenere più o meno lo stesso tenore di vita precedente al pensionamento.
Ad essere maggiormente penalizzati sono, ovviamente, i giovani e le categorie di lavoratori discontinui. Motivo per cui la prossima riforma pensioni da inserire nella Legge di Bilancio 2021 mira proprio a fornire garanzie in primis a questa categoria di lavoratori. Sul tavolo, ad esempio, ci sono proposte sindacali già presentate al Governo e finalizzate a garantire un assegno pensionistico di importo minimo (una sorta di pensione di garanzia).